Il 23 dicembre 1984 un ordigno di matrice mafiosa esplodeva sul treno carico di persone in viaggio verso casa per le feste. Sedici le vittime. Il capo dello Stato: “Segno indelebile nella storia della Repubblica”
Trentacinque anni fa, il 23 dicembre 1984, un ordigno esploso nella nona carrozza del treno Rapido 904 faceva 16 morti e 267 feriti nella galleria tra Vernio e San Benedetto Val di Sambro, sull’Appennino toscoemiliano. Una strage di matrice mafiosa (FOTOSTORIA) per cui è stato condannato all’ergastolo - tra gli altri - Pippo Calò, fedelissimo del boss di Cosa Nostra Totò Riina, e per cui lo stesso Riina, poi morto nel 2017, era l'unico imputato nel processo d’Appello. Nel giorno dell’anniversario il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha presenziato a San Benedetto, insieme alle altre autorità e all’arcivescovo Matteo Zuppi. Nel suo discorso il capo dello Stato ha detto che “la memoria di tante vittime innocenti rafforza il dovere per le istituzioni, per gli organi dello Stato e per tutta la società civile di rispettare continuamente i valori di civiltà, di libertà e di solidarietà che sono la base della nostra Costituzione”.
Mattarella: “Segno indelebile nella storia della Repubblica”
Per il presidente della Repubblica la ricorrenza deve essere “un giorno di memoria e di raccoglimento per la nostra comunità nazionale. Le vite spezzate di passeggeri inermi, alcuni dei quali bambini, le sofferenze dei tanti feriti, l'atroce dolore patito dai familiari hanno impresso un segno indelebile nella storia della Repubblica”, ha detto durante la cerimonia di commemorazione. “In questa ricorrenza - ha aggiunto Mattarella - desidero esprimere la mia vicinanza e solidarietà a quanti sono stati così profondamente colpiti negli affetti più cari e a coloro che continuano a impegnarsi per trasmettere il ricordo ai più giovani, in modo che non si dimentichi mai la crudeltà dell’attacco eversivo, sferrato contro le istituzioni democratiche e la convivenza civile e, al tempo stesso, si faccia tesoro della risposta ferma e unitaria del popolo italiano che ha sconfitto la strategia del terrore”. Il capo dello Stato ha ricordato come “le indagini e i processi accertarono una matrice mafiosa, un tentativo di ricatto allo Stato contro l’azione di contrasto alla criminalità organizzata”.
Il convoglio affollato per le feste natalizie
Il Natale del 1984 venne sconvolto dalla bomba del Rapido 904, affollato di persone in viaggio verso casa per il periodo festivo. Erano le 19.08 quando la carica radiocomandata esplose mentre il treno percorreva i 18 chilometri della galleria direttissima tra Vernio e San Benedetto, luoghi non distanti da quelli della strage dell’Italicus del 1974, che fece 12 morti e 48 feriti. Il convoglio era partito da Napoli e sarebbe dovuto arrivare a Milano.
Le condanne
Per la strage furono condannati in via definitiva nel 1992 l'esponente di Cosa Nostra Pippo Calò e i suoi aiutanti Guido Cercola e Franco D’Agostino, oltre al tecnico elettronico tedesco Friedrich Schaudinn. Condannato anche l'ex parlamentare dell'Msi Massimo Abbatangelo, ma solo per la detenzione dell’esplosivo, insieme a quattro camorristi. Il movente venne individuato nella risposta della criminalità organizzata alle rivelazioni del collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta e agli oltre 300 mandati di cattura emessi dal magistrato Giovanni Falcone. In anni recenti alcuni pentiti hanno indicato in Riina il mandante del massacro: nel 2011 la procura di Napoli chiese il suo arresto, mentre il “capo dei capi” era detenuto nel carcere di Parma. L’inchiesta passò quindi alla procura di Firenze, che nel gennaio 2013 chiese il rinvio a giudizio per il boss, ma il processo che ne scaturì portò due anni dopo a un’assoluzione, con la formula del dubbio. Tra rinvii, un giudice sostituito perché prossimo alla pensione e le polemiche dei familiari delle vittime, il processo d’Appello venne fissato per il 21 dicembre 2017, ma Riina morì in cella a Parma poco più di un mese prima, il 17 novembre 2017.