In Evidenza
Altre sezioni
altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Censis: italiani attratti dall’“uomo forte” al potere, per il 70% il razzismo è aumentato

Cronaca

Secondo il rapporto dell’istituto di ricerca, per il 69% degli Italiani il Paese è ormai "in stato d'ansia”. L’aumento dell'occupazione nel 2018 è un “bluff” segnato da un boom di part time involontari. L’anno scorso il numero dei cellulari ha superato quello delle tv

Condividi:

Italiani incerti e ansiosi, alla ricerca di "un uomo forte al potere" che risolva i problemi senza doversi preoccupare di Parlamento ed elezioni (lo vorrebbe il 48%). È il ritratto del nostro Paese che emerge dal 53esimo rapporto del Censis sulla situazione sociale dell’Italia. Una fotografia che immortala però anche il timore di una pericolosa deriva verso l'odio, l'intolleranza e il razzismo nei confronti delle minoranze, con il 69,8% degli italiani che è convinto che nell'ultimo anno siano aumentati gli episodi di razzismo.

Il 75% degli italiani non si fida più degli altri

Secondo il Censis, dall’inizio della crisi economica, l'ansia per il futuro e la sfiducia verso il prossimo hanno portato gli italiani - anno dopo anno - a un logoramento, sfociato da una parte in "stratagemmi individuali" di autodifesa e dall'altra in "crescenti pulsioni antidemocratiche", facendo crescere l'attesa "messianica dell'uomo forte che tutto risolve". Per il 48% degli italiani, infatti, ci vorrebbe "un uomo forte al potere" che non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni. La ricerca dell'uomo forte è più sentita soprattutto nella parte inferiore della scala sociale: la percentuale sale al 56% tra le persone con redditi bassi e al 62% tra i soggetti meno istruiti, fino al 67% tra gli operai. L’istituto di ricerca osserva che, di fronte alla crisi, gli italiani hanno attraversato un percorso segnato da timore e “processi di difesa spontanei e molecolari degli interessi personali"”, sfociati poi in "stress esistenziale, logorante, perché riguarda il rapporto di ciascuno con il proprio futuro". Così per il 69% degli italiani il Paese è ormai "in stato d'ansia". Il 75% non si fida più degli altri, il 49% ha subìto nel corso degli anni una prepotenza in un luogo pubblico (insulti o spintoni), il 44% si sente insicuro nelle vie che frequenta abitualmente, il 26% ha litigato qualcuno per strada.

Per il 58% l’antisemitismo è un problema in Italia

Per quanto riguarda il tema dell’intolleranza, quasi il 70% degli italiani ha notato un’escalation di episodi nei confronti delle minoranze. Un dato netto, confermato trasversalmente, con valori più elevati al Centro Italia (75,7%) e nel Sud (70,2%), tra gli over 65 (71%) e le donne (72,2%). Il 50,9% di chi pensa che ci sia stato un aumento degli episodi di razzismo li attribuisce alle difficoltà economiche e all'insoddisfazione generale della gente. Il 35,6% invece li motiva con l'aumento della paura di essere vittima di reati, il 23,4% ritiene che dipendano dal fatto che ci sono troppi immigrati e il 20,5% pensa che gli italiani siano poco aperti e disponibili verso i migranti. Sembra essere tornato anche l'odio verso gli ebrei: un cittadino europeo su due considera l'antisemitismo un problema nel proprio Paese, e in Italia a pensarla così è il 58% della popolazione.

Il 12,2% degli occupati è a rischio povertà

È un “bluff” che non produce reddito e crescita, invece, secondo il Censis, l'aumento dell'occupazione nel 2018 (+321.000 occupati) e nei primi mesi del 2019. Il bilancio della recessione è di -867.000 occupati a tempo pieno e 1,2 milioni in più a tempo parziale. Il part time involontario riguarda 2,7 milioni di lavoratori, con un boom tra i giovani (+71,6% dal 2007). Dall'inizio della crisi al 2018, le retribuzioni del lavoro dipendente sono scese di oltre 1.000 euro ogni anno. I lavoratori che guadagnano meno di 9 euro l'ora lordi sono 2,9 milioni. Intanto continua a dilatarsi la forbice fra Pil e aumento dei salari, a svantaggio di questi ultimi. L'andamento economico dell'Unione Europea è ancora caratterizzato dal fenomeno "ripresa senza salario". Nel rapporto si conferma che i "consumi restano al palo dopo quattro anni di crescita debole" e solo il 44,8% degli italiani prevede un futuro sereno per la propria famiglia, percentuale che scende al 21,5% con riferimento al destino del Paese. Dal rapporto Censis emerge che il 12,2% degli occupati è a rischio povertà e 3 italiani su 4 sono favorevoli all'introduzione del salario minimo per legge. Inoltre il 23,7% degli italiani riconduce la causa del rancore diffuso di questi anni alla crescente diseguaglianza nei redditi e nelle opportunità di lavoro.

Sei su dieci contrari all’Italexit

A proposito di Ue, secondo il Censis il 62% degli italiani è convinto che non si debba uscire dall'Unione europea, ma il 25%, uno su quattro, è invece favorevole all'Italexit. Se il 61% dice no al ritorno della lira, il 24% è favorevole, e se il 49% si dice contrario alla riattivazione delle dogane alle frontiere interne della Ue, considerate un ostacolo alla libera circolazione di merci e persone, il 32% sarebbe invece per rimetterle.

A Milano è boom di abitanti

Nel rapporto del Censis anche il declino demografico degli ultimi anni, che è stato per l'Italia un vero e proprio "tsunami", dimostrato dai 436 mila cittadini che si contano oggi in meno rispetto al 2015. Tuttavia il calo non è stato uniforme. Se città come Bologna e Milano hanno arricchito la loro popolazione, il Sud ha perso abitanti, così come Roma ha perso appeal tra italiani e stranieri. Dal 2015, si legge, il Mezzogiorno ha perso quasi 310 mila abitanti (-1,5%), contro un calo dello 0,6% nell'Italia centrale e dello 0,3% nel Nord Ovest, dello 0,1% nel Nord Est e dello 0,7% a livello nazionale. In quattro anni però, Bologna ha guadagnato 10 mila residenti, l'area milanese (3,2 milioni di abitanti) ha aumentato la sua popolazione dell'equivalente di una città come Siena, ovvero di 53 mila abitanti, cui si aggiungono 10.000 abitanti in più della contigua provincia di Monza. Nell'area di Roma invece, è crollato l'arrivo di stranieri (20 mila in meno tra 2012 e 2018) e anche dal resto del Lazio e dalle altre regioni.

Controllare lo smartphone è il primo e ultimo gesto della giornata

Crollano invece sempre di più le barriere comunicative: nel 2018 il numero dei cellulari ha superato quello delle tv. Secondo il Censis, oltre la metà degli italiani (il 50,9%) controlla il telefono come primo gesto al mattino o come ultima cosa prima di andare a dormire, e il 25,8% di chi possiede uno smartphone non esce di casa senza il caricabatteria. Lo smartphone, sottolinea il rapporto, oggi rappresenta un oggetto di culto. La percentuale degli utenti in Italia è passata dal 15% nel 2009 all'attuale 73,8%. Sono stati i giovani under 30 i pionieri del consumo, passati da un'utenza pari al 26,5% nel 2009 all'86,3% dell'ultimo anno. A partire dal 2016, si registra un’impennata anche tra i giovani adulti (30-44 anni), fino ad attestarsi oggi al 90,3%. Nelle case degli italiani sono presenti 111,8 milioni di device, lo 0,5% in più rispetto al 2017 (600.000 in più), per una media di 4,6 a famiglia. In particolare, nelle case degli italiani ci sono 43,6 milioni di smartphone e 42,3 milioni di televisori. Ma soprattutto sono 6,5 milioni le smart tv e i dispositivi esterni effettivamente collegati a internet per guardare programmi televisivi (+20,6% in un anno). Il 47,8% delle famiglie in cui vive almeno un minore ha in casa una smart tv o dispositivi esterni che consentono di collegarsi al web. Ma crescono anche le famiglie di longevi over 65 anni che sfruttano gli schermi al pieno delle loro potenzialità collegandosi a internet: l'8% dispone di una smart tv connessa.

Dove si informano gli Italiani?

Più comunicazione, più possibilità di esprimersi. Sui social sono tanti gli “arrabbiati” che, però, sottolinea il Censis, si informano prevalentemente tramite i tg (il 66,6% rispetto al 65% medio), i giornali radio (il 22,8% rispetto al 20%) e i quotidiani (il 16,7% rispetto al 14,8%). Tra gli utenti dei social network "compulsivi" (coloro che controllano continuamente quello che accade sui social, intervengono spesso e sollecitano discussioni) troviamo punte superiori alla media sia di ottimisti (22,3%) che di pessimisti (24,3%). Per leggere le notizie scelgono Facebook (46%) come seconda fonte, poco lontano dai telegiornali (55,1%), e apprezzano i siti web di informazione (29,4%). Facebook (48,6%) raggiunge l'apice dell'attenzione tra gli utenti "esibizionisti" (che pubblicano spesso post, foto e video). I "pragmatici" (usano i social per contattare amici e conoscenti) si definiscono poco pessimisti (14,6%) e più disorientati (30,7%), mentre gli "spettatori" (guardano post, foto e video degli altri, ma non intervengono), sono poco pessimisti (17,1%).

Sempre più diplomati e laureati italiani all'estero

Nel 2017, il 31,1% degli emigrati italiani con almeno 25 anni era in possesso di un titolo di studio di livello universitario, e il 53,7% aveva tra i 18 e i 39 anni (età media di 33 anni per gli uomini e di 30 per le donne). Tra il 2013 e il 2017 è aumentato molto non solo il numero di laureati trasferiti all'estero (+41,8%), ma anche quello dei diplomati (+32,9%). Secondo il Censis, tra il 2008 e il 2017 i saldi con l'estero di giovani 20-34enni con titoli di studio medio-alti sono negativi in tutte le regioni italiane. Quelle con il numero più elevato di giovani qualificati trasferiti all'estero sono Lombardia (-24.000), Sicilia (-13.000), Veneto (-12.000), Lazio (-11.000) e Campania (-10.000). Il Centro-Nord, soprattutto Lombardia ed Emilia Romagna, ha compensato queste perdite con il drenaggio di risorse umane dal Sud.