Cassazione: non è nullo il matrimonio del 'separato in casa'

Cronaca

Gli 'ermellini' hanno ribaltato il verdetto del Tribunale ecclesiastico che, su richiesta di un coniuge, aveva cancellato un matrimonio entrato in crisi dopo tre mesi

Si complica la situazione dei 'separati in casa' che sostengono di non aver mai intrapreso una vita matrimoniale con il coniuge, a parte convivere sotto lo stesso tetto. Come già deciso dalla Corte di Appello di Perugia nel 2017, la Cassazione ha ribaltato il verdetto del Tribunale ecclesiastico che aveva annullato un matrimonio celebrato in chiesa e durato più di tre anni, ma entrato in crisi dopo soli tre mesi.

La vicenda

L'uomo, che si è visto rigettare la richiesta dagli 'ermellini', aveva spiegato tempo fa ai giudici ecclesiastici che le sue nozze non erano state davvero consumate perché subito 'naufragate', tanto che aveva deciso di intraprendere un anno dopo una relazione extraconiugale, pur vivendo con la moglie nella stessa abitazione. Invece, come spiega sesta sezione civile della Cassazione, non basta la parola di uno dei due coniugi: serve che entrambi "al momento della proposizione della domanda di delibazione" abbiano manifestato "inequivocabilmente all'esterno la piena volontà di non considerare la convivenza come un elemento fondamentale integrativo del coniugio ma come una semplice coabitazione".

Manca l'ok dell'altro coniuge

In questo caso, il requisito della mancanza di affectio coniugalis non è stato provato dal ricorrente, e anzi contestato dall'ex moglie. Come spiega la Suprema Corte, le deduzioni dell'uomo possono anche "attestare una sua non adesione affettiva al matrimonio dopo pochi mesi dalla sua celebrazione", ma questa "attitudine psicologica non ha impedito ai due coniugi di vivere insieme per oltre tre anni dando continuità alla convivenza che avevano intrapreso".

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