Ponte Morandi, secondo un indagato il crollo forse fu causato dal cedimento di un cassone

Cronaca

A lanciare questa ipotesi è stato Carlo Casini, uno degli indagati per i falsi report sui viadotti, in un’intercettazione risalente al 25 gennaio 2019. Il cedimento sarebbe avvenuto a causa delle infiltrazioni di acqua che avrebbero corroso i cavi interni

Il ponte Morandi potrebbe essere crollato per il cedimento del cassone dopo che le percolazioni ( il passaggio di liquidi attraverso solidi) di acqua avrebbero corroso i cavi interni. A lanciare questa ipotesi è, in un’intercettazione, uno degli indagati per i falsi report sui viadotti per cui il tribunale del Riesame ha accolto la richiesta di sospensione insieme ad altre persone (LE IMMAGINI DALLA TRAGEDIA ALLA RICOSTRUZIONE - LO STUDIO DELLA NASA - IL VIDEO DEL CROLLO). 

L’intercettazione

È il 25 gennaio 2019 quando gli investigatori intercettano Marco Vezil (di Spea) e Carlo Casini (responsabile della sorveglianza dell'Utsa Genova dal 2009 al 2015). L’ipotesi emersa, si legge nelle carte dell'inchiesta, è di Casini: "...O che il cassone ha mollato, perché metti che le campane, metti la sfiga che sulle campane ci percolava dell'acqua che entra in soletta, te l'hanno corroso, vum (rumore onomatopeico con cui Casini simula il crollo del ponte, ndr), ha mollato subito, mollando subito è venuto giù perché... certo che se effettivamente... lo strallo... perché che cosa può essere successo? Può essere successo che, ad un certo punto, il cassone comprimeva e ad un certo punto ha mollato!". Vezil prova a ipotizzare una difesa e risponde: "Però lì siamo deboli perché non andavano, nel cassone....". E Casini conferma: "non potevano andarci" gli ispettori di Spea. Il riferimento è alle mancate ispezioni ai cassoni che non sarebbero avvenute dal 2013.

L’indagine sui falsi report

L'inchiesta bis è partita dopo il crollo del ponte Morandi del 14 agosto 2018, e aveva portato all'iscrizione nel registro degli indagati di 15 persone tra dirigenti e tecnici di Aspi e Spea. A settembre sono state emesse nove misure cautelari per i controlli “ammorbiditi” e falsi report nei monitoraggi sulle condizioni di alcuni dei viadotti gestiti da Autostrade. Sono finiti ai domiciliari Massimiliano Giacobbi (Spea), Gianni Marrone (direzione VIII tronco) e Lucio Torricelli Ferretti (direzione VIII tronco). Le misure interdittive - sospensione dai pubblici servizi per 12 mesi - riguardano invece tecnici e funzionari di Spea e Aspi Maurizio Ceneri, Andrea Indovino, Luigi Vastola, Gaetano Di Mundo, Francesco D'Antona e Angelo Salcuni.

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