Tifoso morto negli scontri prima di Inter Napoli, arrestato investitore di Belardinelli

Cronaca

L'accusa: omicidio volontario. L'uomo guidava l'auto che il 26 dicembre 2018 ha travolto e ucciso Daniele Belardinelli. Gip: "Dagli ultras omertà". L'intercettazione: "Quello mi si è buttato davanti". La madre su Facebook: "Ora spero di vederlo faccia a faccia"

È stato arrestato il tifoso napoletano che, secondo gli inquirenti, guidava l'auto che il 26 dicembre 2018 ha travolto e ucciso Daniele Belardinelli nel corso degli scontri tra ultras prima di Inter-Napoli in via Novara, a meno di 2 chilometri dallo stadio di San Siro. Si tratta di Fabio Manduca, 39 anni, accusato di omicidio volontario. Avrebbe legami con clan camorristici e con il gruppo ultras partenopeo dei 'Mastiffs'. Nella conferenza stampa di venerdì 18 ottobre, il gip Guido Salvini ha spiegato che le indagini sono state caratterizzate dall'omertà dei due gruppi ultrà, quelli napoletani e interisti protagonisti dei tafferugli, che non hanno collaborato, tanto che gli investigatori hanno dovuto incrociare le versioni rese da alcuni ultras per corroborare i riscontri emersi dalle immagini delle telecamere. Appresa la notizia, la madre di Belardinelli si è sfogata su Facebook: "Hanno preso il disgraziato che ha ammazzato mio figlio, non mi cambia la vita, ma spero di vederlo faccia a faccia". 

"Quello mi si è buttato davanti"

"Qual omicidio, chill se vuttat iss annanz a machin, frà (quale omicidio, quello si è lanciato lui davanti alla macchina, fratello, ndr)". Così Manduca, intercettato il 6 aprile mentre parlava in dialetto con un amico. Una telefonata dalla quale, scrive il gip Guido Salvini, "emerge con chiarezza che Manduca ha piena consapevolezza dell'investimento" e cerca di giustificarsi.

La dinamica

Manduca, che nel corso delle complesse indagini di questi mesi, difeso dal legale Dario Cuomo, aveva scelto sempre di avvalersi della facoltà di non rispondere davanti ad inquirenti e investigatori, è accusato di aver accelerato, alla guida di una Renault Kadjar che faceva parte della 'carovana' degli ultras napoletani, quando, proprio all'inizio degli scontri, un gruppo di ultrà interisti invase la strada con un assalto programmato, con tanto di mazze, coltelli e bastoni. L'uomo, in particolare, che con lui aveva in macchina altri tifosi del Napoli, dopo aver superato un'altra auto della carovana, un'Audi A3, avrebbe puntato dritto al gruppo di ultras 'rivali', investito volontariamente Belardinelli (39 anni, ultrà del Varese, tifoseria gemellata con quella interista), passando sopra il corpo e proseguendo, poi, la marcia (le armi usate dagli ultrà). In un interrogatorio uno dei passeggeri dell'Audi A3 spiega: ”L'accelerazione del mezzo (...) ha di fatto creato un varco sulla strada (...) Dopo pochi metri, mi avvedevo del corpo di una persona a terra”. 

Le indagini

L'individuazione dell'investitore di Belardinelli è stata possibile, da quanto si è saputo, grazie a un lungo e meticoloso lavoro degli investigatori della Digos sui filmati delle telecamere della zona, frammento dopo frammento. A metà marzo, il gip Guido Salvini aveva disposto, con la formula dell'incidente probatorio, una serie di complesse indagini genetiche, "papillari" e "merceologiche" su sei auto di ultras napoletani sequestrate, compresa la Kadjar di Manduca, e su tutti gli oggetti sequestrati, come coltelli, bastoni, mazze e roncole. Altri elementi sono arrivati, poi, dalle intercettazioni telefoniche, dall'incrocio delle versioni rese da alcuni indagati per gli scontri e anche dagli esiti di alcune perizie (disposte dal gip in incidente probatorio) biologiche e anche sulle condizioni della macchina che venne sequestrata, assieme a diverse altre. Lo scorso marzo, intanto, erano arrivate 5 condanne fino a 3 anni e 8 mesi e un patteggiamento (per Luca Da Ros, l'unico ad aver collaborato alle indagini) per i 6 ultras interisti arrestati per rissa aggravata e altri reati pochi giorni dopo l'assalto in stile "militare", tra cui i capi della curva interista Marco Piovella e Nino Ciccarelli.

Il legale: "Metterlo in galera ora non ha senso"

"Metterlo in galera un anno dopo i fatti non ha senso, così è stato soltanto dato in pasto all'opinione pubblica", ha detto l'avvocato Dario Cuomo, legale di Manduca, commentando il provvedimento cautelare e preannunciando che farà certamente e "subito" ricorso al Tribunale del Riesame, soprattutto sulle esigenze cautelari. Ha anche spiegato di essersi già attivato affinché il suo assistito resti almeno detenuto a Napoli e non venga trasferito nelle carceri milanesi, "dove da tifoso napoletano rischia, ne va della sua serenita'". "In 10 mesi non è fuggito, otto o nove consulenti si sono già espressi sulle indagini e quello che è successo il 26 dicembre è stato un fatto unico", ha spiegato il difensore, contestando così che ci siano esigenze cautelari (pericolo di fuga, di inquinamento probatorio e di reiterazione) che possano giustificare il carcere per Manduca, "anche già colpito da Daspo nel corso delle indagini". 

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