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Suicidio assistito, cosa cambia con la sentenza della Consulta sul caso Dj Fabo-Cappato

Cronaca

La decisione della Corte costituzionale che ha sancito la non punibilità dell'aiuto al suicidio mette ulteriore pressione al Parlamento affinché legiferi sul tema. E "nessuno dovrà più andare all'estero come Dj Fabo", spiega l'avvocato Filomena Gallo dell'ass. Coscioni

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Con la sentenza sul caso Dj Fabo-Marco Cappato la Corte costituzionale ha aperto al suicidio assistito e sancito la non punibilità di chi aiuta coloro che hanno deciso di morire, a determinate condizioni. Ma cosa cambia ora sul fine vita in Italia? La sentenza della Consulta innanzitutto ha sollecitato di nuovo il Parlamento a legiferare sul tema: sottolineando che la sua decisione è arrivata “in attesa dell’indispensabile intervento del legislatore”. Intanto, come sottolinea Filomena Gallo, l’avvocato dell’associazione Coscioni, “nessuno dovrà più andare all'estero come dj Fabo”. In Italia, come ha ricordato Cappato pochi giorni prima della sentenza della Consulta, ci sono quasi 800 persone che hanno chiesto di morire (IL CASO DJ FABO, DALL'INCIDENTE AL PROCESSO).

Chi riguarda la sentenza della Corte costituzionale

Nella sua sentenza, la Consulta ha stabilito i paletti entro cui l’aiuto al suicidio è da ritenersi “non punibile”. I giudici hanno sottolineato che non è perseguibile chi “agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Non tutti, quindi possono essere aiutati a morire se lo vogliono e lo chiedono. Chi vuole essere aiutato a morire potrà chiedere l’aiuto necessario soltanto quando si troverà nelle condizioni fissate dalla Corte.

Cosa cambia dal punto di vista giuridico

La sentenza della Consulta non stabilisce però un generico “diritto al suicidio”. Sancisce solo che chi aiuta coloro che hanno deciso di morire non debba essere perseguito penalmente, e soltanto se sussistono le condizioni fissate dalla stessa Corte costituzionale. Lo ricorda il costituzionalista Massimo Luciani in un’intervista a Repubblica. Luciani sottolinea poi che “la verifica di queste condizioni spetterà esclusivamente alle strutture sanitarie pubbliche”. In attesa che il Parlamento legiferi sulla materia, inoltre, spetterà ai giudici valutare caso per caso se le condizioni sussistono.

Nessuno dovrà più andare all'estero

La decisione della Corte costituzionale significa che d’ora in poi, evidenzia l’avvocato Filomena Gallo, "nessuno dovrà più andare all'estero come dj Fabo, lasciare il suo Paese e gli affetti negli ultimi momenti della sua vita". Fermi restando, naturalmente, i rigorosi paletti fissati dalla sentenza.

Pressione sul Parlamento per una legge sul fine vita

Secondo l’avvocato Filomena Gallo la decisione della Corte costituzionale “apre la strada finalmente a una buona normativa” (LE REAZIONI). Il Parlamento non è mai riuscito a trovare un accordo su una legge sul fine vita e l’unica normativa sul tema è quella sul testamento biologico, approvata a fine 2017 ed entrata in vigore nel gennaio 2018. Su eutanasia e suicidio assistito, ricorda il progetto Bio-Diritto della facoltà di Giurisprudenza dell’università di Trento - esistono quattro proposte di legge, tutte ferme. Tra i testi depositati alla Camera giace dal 13 settembre 2013 il disegno di legge di iniziativa popolare promosso proprio dall’associazione Coscioni, firmato da 130mila persone. Ora, con la sentenza della Corte costituzionale, la pressione sul Parlamento affinché intervenga sul tema del fine vita è sempre più alta.