Secondo le carte dell’inchiesta, l’ex consigliere del Csm accusato di corruzione avrebbe ottenuto dei soldi in cambio di un intervento sul nome di Giancarlo Longo come procuratore di Gela, ma l’operazione non riuscì per un intervento del capo dello Stato Mattarella
Luca Palamara, il sostituto procuratore ed ex consigliere del Csm accusato di corruzione, quando era componente del Csm avrebbe ricevuto 40mila euro dagli avvocati Giuseppe Calafiore e Piero Amara per favorire la nomina di Giancarlo Longo a procuratore di Gela, ma l’operazione non andò in porto - secondo quanto avrebbe riferito lo stesso Palamara - per un intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. È quanto emerge dalle carte dell'inchiesta della Procura di Perugia nei confronti dell'attuale sostituto procuratore a piazzale Clodio, i cui uffici a Roma sono stati perquisiti dalla Guardia di Finanza e dai magistrati. Ora al vaglio degli inquirenti ci sono i file contenuti in uno dei computer e Palamara nel pomeriggio è stato ascoltato per ore in una caserma della Gdf. "Chi conosce le dinamiche coonsiliari sa benissimo che non ho mai parlato di Longo né tantomeno ho danneggiato qualcuno - ha dichiarato l’ex consigliere del Csm - trattandosi di un organo collegiale che come tale ha bisogno della partecipazione di tutti i suoi membri. Ho esibito le ricevute dei pagamenti dei viaggi e altro mi riservo di farlo domani nel prosieguo dell'interrogatorio".
La nomina di Longo e l’intervento di Mattarella
Palamara, si legge nelle carte, "quale componente del Csm riceveva da Calafiore e Amara la somma pari ad euro 40mila per compiere un atto contrario ai doveri d'ufficio, ovvero agevolare e favorire il medesimo Longo (arrestato nel febbraio del 2018 nell'ambito dell'inchiesta su corruzione in atti giudiziari dalla Procura di Messina, ndr) nell'ambito della procedura di nomina a procuratore di Gela alla quale aveva preso parte Longo, ciò in violazione dei criteri di nomina e selezione". In particolare, Longo, interrogato dai pm siciliani il 31 luglio 2018 sui rapporti tra Amara, Calafiore e il Csm, ha affermato, tra l'altro, che "Calafiore gli avrebbe riferito di aver dato unitamente ad Amara la somma di euro 40.000 'a beneficio di Palamara' per la sua (di Longo) nomina a procuratore di Gela, non avvenuta, a dire di Palamara, a causa di un intervento diretto del Presidente della Repubblica".
Regali, viaggi e un anello da 2mila euro
Ma dalle indagini, oltre alla nomina di Longo, emergono altri dettagli su viaggi, anelli e decine di migliaia di euro per pilotare le nomine dei magistrati. Nel registro degli indagati, con l'accusa di corruzione, oltre ad Amara e Calafiore i pm di Perugia hanno iscritto anche Fabrizio Centofanti, l'imprenditore dei “regali” ed ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone. Dalle indagini spuntano viaggi e vacanze per Palamara (all'epoca consigliere del Csm) e famiglia: un'attività corruttiva messa in atto, secondo la procura di Perugia, "per fare in modo che Palamara mettesse a disposizione la sua funzione di membro del Csm, favorendo nomine di capi degli uffici cui erano interessati Amara e Calafiore". Tra i regali, anche un anello "del valore di duemila euro in favore dell'amica Adele Attisani", oltre a un soggiorno a Taormina. E poi viaggi per lo stesso Palamara, o la sorella, in Toscana, a Madonna di Campiglio, a Dubai e Favignana.
Il filone su Spina e Fava
E spuntano i nomi illustri di altri indagati che avrebbero favorito Palamara per eludere le indagini a suo carico: tra questi, il pm Stefano Rocco Fava - il magistrato dell'esposto contro il procuratore di Roma Pignatone - e il consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura Luigi Spina. Un altro filone della stessa indagine riguarda le accuse nei confronti di Spina. Per quest'ultimo le ipotesi di reato sono rivelazione di segreto d'ufficio e favoreggiamento personale. Spina, che come Palamara è esponente di Unicost, la corrente di centro delle toghe, avrebbe rivelato al suo collega notizie relative all'inchiesta di Perugia nel quale era indagato, apprese proprio grazie al suo ruolo nel Csm. Una conversazione dello scorso 9 maggio "tra Spina, Palamara e due parlamentari (...) dimostra" che lo stesso Palamara, si legge negli atti dell'inchiesta, era "già consapevole del suo procedimento pendente a Perugia, tanto da parlarne con un parlamentare imputato". Poi c’è il pm romano Fava, indagato per favoreggiamento e rivelazione del segreto di ufficio in concorso. Il pm, autore dell'esposto al Csm contro il procuratore Pignatone e l'aggiunto Ielo, è accusato di aver rivelato a Palamara notizie sulle indagini a suo carico e di averlo aiutato ad eluderle fornendo atti e documenti. "C'avrai la tua rivincita perché si vedrà che chi ti sta fottendo (...) forse sarà lui a doversi difendere a Perugia, per altre cose perché noi a Fava lo chiamiamo", diceva al telefono Spina all'amico Palamara, che rispondeva: "No adesso lo devi chiamare altrimenti mi metto a fare il matto". Palamara avrebbe acquisito informazioni anche attraverso il commercialista Andrea De Giorgio, consulente nominato anche all'interno della Procura della Repubblica di Roma. Secondo i pm, "la consegna di queste carte 'contro' i suoi colleghi da parte di Fava e parimenti le informazioni assunte dal De Giorgio" hanno "per Palamara, nella sua ottica, un valore al contempo difensivo e forse di 'ritorsione'".