La Suprema Corte ha stabilito che i giudici rivedano la misura di divieto di dimora: mancherebbero “indizi di comportamenti fraudolenti” nella condotta dell’ex sindaco di Riace, che dice: "Salvini scappa dai processi". La replica: "Se li temessi non farei il ministro"
"È il primo raggio di luce in questa vicenda dove ci sono tante oscurità. Non dovevo subire queste misure cautelari, non è stato giusto, non dovevano sospendermi come sindaco. Anche sui reati che mi contestano, mi è sembrato tutto paradossale". Sono le parole di Domenico Lucano (CHI È), ex primo cittadino di Riace, ai microfoni di Sky TG24, il giorno dopo che la Cassazione ha depositato la sentenza con cui riconosce l’insufficienza di indizi a suo carico in relazione all’accusa di aver “turbato” le procedure di gara per l’assegnazione, nel suo Comune, del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti. "Io sono l'ultimo, sono debole, ma sono pronto a difendermi “nel” processo e non “dal” processo. Salvini che è così forte ha avuto paura di farsi processare (per il caso Diciotti, ndr)”, aveva detto in precedenza l'ex sindaco di Riace. Ma, sottolinea Lucano, “polemizzare con il ministro non mi interessa. La parte politica che lui rappresenta ha come argomentazioni solo denigrazione e cattiverie”. Per Lucano “un cristiano non può votare per Salvini, perché i valori del cristianesimo sono antitetici a quelli che lui rappresenta politicamente".
Salvini: “Se temessi i processi non farei il ministro”
Replica a stretto giro il ministro dell’Interno. Paura dei processi? "No, anche perché ne avrò altri. Se avessi paura non dovrei fare il ministro dell'Interno. Quello che ho fatto l'ho fatto per difendere l'interesse nazionale", spiega Salvini. "Penso – aggiunge il vicepremier - che sviluppare i paesi in Calabria, in Sardegna, in Lombardia con l'immigrazione di massa non sia il futuro dell'Italia. Al di là dei reati che possono esserci o non esserci, pensare che il ripopolamento e ringiovanimento di un territorio passi dall'arrivo di migliaia di immigrati, secondo me è un modello di sviluppo sbagliato. Fossi un sindaco calabrese mi occuperei di dare un futuro ai giovani della mia terra al posto di deportare i migranti".
La sentenza della Cassazione
Dallo scorso ottobre, Lucano è sotto inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e presunti illeciti nell’affidamento degli appalti per la raccolta di rifiuti. Finito prima ai domiciliari, a gennaio è stato disposto per lui il divieto di dimora: da allora non può tornare a Riace.
E proprio sulla questione del divieto di dimora, si è arrivati a consultare la Cassazione. Nelle motivazioni della sentenza depositate ieri, la Suprema Corte dispone che il Tribunale della libertà di Reggio Calabria riveda la decisione di applicare questa misura a Lucano. Per la Cassazione mancano “indizi di comportamenti fraudolenti” che l’ex primo cittadino, ora sospeso, avrebbe "materialmente posto in essere" per assegnare alcuni servizi a due cooperative. "La legge - scrive la Suprema Corte - consente l'affidamento diretto di appalti in favore delle cooperative sociali finalizzate all'inserimento lavorativo delle persone svantaggiate per gli importi inferiori alla soglia comunitaria". Per questo il Riesame deve rivalutare il quadro per sostenere l'illiceità degli affidi.
Per la Cassazione ci sono invece elementi di "gravità indiziaria" riguardo l'ipotesi che Lucano si sia dato da fare per favorire la permanenza in Italia della sua compagna Lemlem. Intanto lunedì scorso è iniziata a Locri l’udienza preliminare che dovrà stabilire se ci sono elementi a sufficienza per mandare il sindaco e altri 29 indagati a giudizio.