Arrivati primi risultati sui campioni dei tessuti prelevati: escluderebbero la presenza di sostanze radioattive nel corpo della ragazza, che era una delle testimoni chiave del caso Ruby. Pm: inchiesta va avanti con l'ipotesi di avvelenamento da metalli. Attesa autopsia
Nessuna evidenza macroscopica di radioattività: sarebbe questo, secondo quanto riferiscono fonti qualificate, il risultato delle prime analisi sui campioni dei tessuti degli organi prelevati a Imane Fadil (CHI ERA), una delle testimoni del processo Ruby. Da quanto si è appreso i prelievi sono stati effettuati sul fegato e su un rene ieri 20 marzo. Dopo i prelievi, i campioni sono stati messi in appositi contenitori e inviati sia all'Arpa di Milano sia all'Istituto di Fisica dell'Università Statale. Dopo i primi esiti degli esami, da quanto riferito dagli inquirenti, l'inchiesta della procura di Milano sulla morte della giovane marocchina - deceduta lo scorso 1 marzo - va avanti con l'ipotesi di avvelenamento da metalli. L'autopsia vera e propria verrà effettuata nei prossimi giorni, forse già sabato.
Attesa l'autopsia
In base all'esito delle analisi - si apprende - appare "sempre più improbabile" che Fadil sia stata contaminata da sostanze radiottive. L'ultima parola, però, spetta al Centro ricerche Casaccia dell'Enea vicino a Roma. Inizialmente i sospetti sulla presunta presenza di sostanze radioattive nel corpo della giovane erano dovuti al risultato parziale di analisi effettate sulle urine. Una volta esclusa definitivamente la possibilità che il corpo della ragazza fosse contaminato da sostanze radioattive, si potrà procedere all'autopsia e, a quel punto, gli esami potrebbero anche arrivare a chiarire quali erano i valori originari dei metalli presenti nel sangue di Fadil, che è stato 'lavato' con le molte trasfusioni durante il ricovero di oltre un mese all'Humanitas.