Secondo quanto riferito da fonti vicine agli investigatori, la paternità del bambino va attribuita al minore. La 35enne è stata sentita dai pm su sua richiesta: l'interrogatorio è stato secretato
L'esame del Dna ha confermato che la paternità del bambino nato l'autunno 2018 all'insegnante 35enne di Prato, indagata per atti sessuali su minore, va attribuita allo studente 14enne con cui la donna avrebbe avuto una relazione. E' quanto riferiscono fonti dell'inchiesta. Gli inquirenti hanno avuto modo di confrontare i Dna del figlioletto e anche dell'adolescente. Per il figlio, la donna ha dato il consenso al prelievo venerdì. Nelle indagini coordinate dai pm Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli l'attribuire la paternità del bimbo è uno degli elementi necessari per definire i rapporti tra la donna e il minore che dalla primavera 2017 la frequentava per prendere ripetizioni di inglese.
La difesa: interrogatorio secretato
"I campioni del test - aveva detto in mattinata uno degli avvocati della professoressa, Mattia Alfano - sono stati eseguiti e i risultati ci saranno a ore: la verità dei fatti secondo noi prescinde da questo risultato ed è per questo che abbiamo chiesto che sia sentita subito dagli investigatori". Il legale e l'altro difensore della donna, Massimo Nistri, hanno presentato la richiesta di poter fare dichiarazioni spontanee, quindi già nel pomeriggio di lunedì la procura di Prato ha convocato la 35enne negli uffici degli inquirenti. L'insegnante è stata sentita circa due ore e mezzo e l'interrogatorio èstato secretato. "Non possiamo dire niente: l'interrogatorio è stato secretato", hanno detto uscendo gli stessi avvocati Alfano e Nistri.
La professoressa di inglese è arrivata in procura con il marito (che peraltro ha riconosciuto il bambino come proprio), passando da un'entrata secondaria mentre i suoi avvocati hanno raggiunto gli uffici dei pm dall'ingresso principale, passando davanti a telecamere e giornalisti ma senza rilasciare dichiarazioni. All'interrogatorio, oltre ai due sostituti procuratori titolari dell'inchiesta, ha partecipato anche il capo della squadra mobile Gianluca Aurilia che guida le indagini, scaturite da una denuncia dei genitori del 15enne presentata contro la 35enne un paio di settimane fa circa. La famiglia del ragazzo si è attivata con la querela contro l'insegnante, che è una loro conoscente, anche per la nascita del bambino, circostanza che la 35enne avrebbe fatto presente al 15enne mettendolo in crisi. Anche così il ragazzo si sarebbe aperto coi genitori che hanno preso l'iniziativa di andare a riferire tutto alla polizia. Le indagini punterebbero ora a ricostruire il contenuto dei cellulari di entrambi i protagonisti.