Rigopiano, 7 indagati per frode e depistaggio. C'è anche l'ex prefetto

Cronaca
Immagine d'archivio (Ansa)

La Procura di Pescara ipotizza che il brogliaccio delle segnalazioni del giorno della tragedia in cui morirono 29 persone sia stato occultato per sviare le indagini. Fratello di una vittima: li potevano salvare

Si apre un nuovo fascicolo di indagine sulla tragedia dell'Hotel Rigopiano: la Procura di Pescara ha notificato 7 avvisi di garanzia per il reato di frode in processo penale e depistaggio a carico del personale della Prefettura della città abruzzese, compreso l'ex prefetto Francesco Provolo. Le accuse che vengono mosse sono quelle di aver occultato il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio 2017, giorno della tragedia in cui morirono 29 persone, alla Squadra Mobile di Pescara. Lo scopo sarebbe stato quello di nascondere la chiamata di soccorso fatta alle 11.38 dal cameriere Gabriele D'Angelo al centro coordinamento soccorsi. Francesco D'Angelo, fratello del cameriere morto, attacca: “Li potevano salvare. Mio fratello era uno strutturato: sapeva quello che diceva. Se come penso, siamo gemelli, ha chiesto l'evacuazione dell'hotel, vuol dire che avevano veramente paura”.

Il nuovo esposto

Gabriele D’Angelo, alle 11.38 del 18 gennaio 2017, per 230 secondi si intrattenne con la Prefettura di Pescara. Ma di questa telefonata non c'è traccia nei documenti prefettizi acquisiti dall'indagine principale e per questo la Procura di Pescara ha aperto un nuovo fascicolo per depistaggio e frode in processo penale. Il nuovo fascicolo nasce da un esposto presentato il 6 novembre scorso da Francesco D'Angelo con il suo avvocato: ''Mio fratello chiamò mia madre alle 16.30, pochi minuti prima della valanga perché sapeva dove agganciare la cellula del telefonino: vicino al cancello. Ma non abbiamo mai avuto riscontro di questa telefonata: perché? Siamo rammaricati del fatto che la Prefettura, che per noi rappresenta lo Stato, non si sia mossa e per di più abbia nascosto la telefonata'', ha detto D'Angelo.

L’indagine partita da una telefonata

L'indagine, guidata dal Procuratore Capo Massimiliano Serpi con i carabinieri Forestali di Pescara, è partita un anno fa, con l’acquisizione agli atti della prima indagine di un’inedita conversazione avvenuta tra un carabiniere della sala operativa di Pescara e la funzionaria della prefettura, Daniela Acquaviva. Nella telefonata, avvenuta alle ore 18.09 del 18 gennaio 2017, quindi almeno un'ora e venti dopo la valanga, Acquaviva riferisce che l'intervento su Rigopiano era stato fatto in mattinata. Nella conversazione tra Acquaviva e il carabiniere, infatti, quest’ultimo dice di aver ricevuto una telefonata da Quintino Marcella, il proprietario del ristorante di Silvi dove lavorava Giampiero Parete, scampato alla tragedia con la famiglia. Marcella dichiarava ai carabinieri che Parete gli aveva riferito della valanga e che l’hotel era crollato con persone dentro. Frase a cui Acquaviva risponde: “Ma no l'intervento sull'Hotel Rigopiano l'hanno fatto questa mattina. È tutto a posto”. E qualcuno nella stanza aggiunge: “Ma non è vero che è crollato, è uscito fuori che è uno scherzo, una montatura”. Altre voci di sottofondo della sala operativa della Prefettura dicono: ''Ho parlato pure io con un uno di Rigopiano…”. Questo “qualcuno” sarebbe proprio Gabriele D'Angelo la cui telefonata è arrivata in Prefettura, ma di cui non c'è traccia in nessun brogliaccio. Si ipotizza che in quella chiamata D'Angelo avesse richiesto l'evacuazione della struttura dopo le scosse di terremoto che avevano interessato la zona e che sia stata cancellata successivamente per sviare le indagini. Tra gli indagati, oltre all'ex prefetto Francesco Provolo e a Daniela Acquaviva, anche i due viceprefetti distaccati Salvatore Angieri (oggi vicario del Prefetto di Macerata) e Sergio Mazzia (vicario del Prefetto di Crotone). Con loro, anche i dirigenti Ida De Cesaris, Giancarlo Verzella e Giulia Pontrandolfo.

L’altro filone

Lo scorso novembre la Procura di Pescara ha concluso le indagini nei confronti di 24 persone e una società, ipotizzando i reati di disastro colposo, lesioni plurime colpose, omicidio plurimo colposo, falso ideologico, abuso edilizio, omissione d'atti d'ufficio, abuso in atti d'ufficio. Oltre ad altri vari reati ambientali. Chiesta l’archiviazione per alcuni dirigenti ma restano invece tra gli indagati per questi reati l'ex prefetto di Pescara, il presidente della Provincia di Pescara, il sindaco di Farindola, alcuni tra i direttori e i dirigenti del dipartimento di Protezione civile, tecnici comunali, dirigenti, imprenditori e direttori a vario titolo di aziende e società coinvolte.

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