Crollo ponte Morandi, 60 giorni di tempo per le perizie

Cronaca
Le persone in coda davanti al tribunale di Genova (Ansa)
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Lunga fila questa mattina davanti al tribunale. Tra i presenti, le famiglie delle vittime, i legali e alcuni indagati. Durante l'udienza, il gip ha stabilito che i periti avranno 60 giorni per gli accertamenti sul ponte: la perizia verrà poi discussa il 17 e 18 dicembre

Sessanta giorni di tempo per effettuare le operazioni di sopralluogo, repertazione e catalogazione dei resti dei monconi del ponte Morandi. È questo il limite stabilito in mattinata, durante la prima udienza per l’incidente probatorio sulle cause del crollo del ponte, dal gip Angela Nutini. I tre periti, Giampaolo Rosati (Milano), Massimo Losa (Pisa) e Bernhard Elsener (Zurigo), effettueranno il primo sopralluogo, insieme ai consulenti dei 20 indagati e dei familiari delle vittime, il prossimo 2 ottobre nell'area Amiu sotto il viadotto distrutto. Al termine dei 60 giorni, i tecnici discuteranno le conclusioni della perizia in una apposita udienza fissata al 17 e al 18 dicembre. "Salvo eventuali proroghe, la demolizione potrà partire solo dopo che le prove saranno assicurate, quindi non prima di dicembre", ha spiegato Andrea Martini, avvocato della famiglia Robbiano, che nel crollo ha perso il piccolo Samuele e i suoi genitori.

Le famiglie: “Vogliamo la verità”

Martini questa mattina ha assistito, insieme ad altri legali e familiari delle vittime, all’udienza. Prima di entrare nel tribunale di Genova, l'avvocato Antonio Cirillo, legale dei Battiloro, la famiglia che nel crollo del ponte Morandi ha perso il 30enne Giovanni, videomaker di Torre del Greco, ha detto che le famiglie ora “vogliono verità”. "Sarà difficile, è una lotta contro i poteri forti. Ci sono state troppe omissioni, anche in fase di realizzazione del ponte, ma abbiamo fiducia; la Procura sta facendo un ottimo lavoro", ha continuato il legale. "Vanno individuati i colpevoli", ha aggiunto poi l’avvocato Martini.

La lunga coda fuori dal tribunale

Oltre ai legali e alle famiglie delle vittime, nella lunga coda per entrare nel tribunale di Genova c'erano anche alcuni dei 20 indagati, tra cui Roberto Ferrazza, ex ispettore del Mit e provveditore, e alcuni avvocati di Autostrade. Ferrazza ha commentato: "Sono sereno e tranquillo", mentre i legali della società non hanno rilasciato dichiarazioni. "Le difese degli indagati poggiano sulle stesse basi del ponte Morandi", ha detto invece Emmanuel Diaz, fratello di Henry, morto nel crollo del ponte. "Queste persone si sono permesse di uccidere 43 persone e non mi sembra giusto che rimangano impunite. Tra qualche mese si capiranno i veri responsabili”, ha aggiunto.

La solidarietà della gente comune

Fuori dal tribunale, anche Adele Chiello, mamma di Giuseppe Tusa, l'ufficiale della capitaneria morto nel crollo della torre piloti, che ha voluto portare solidarietà ai parenti delle 43 vittime dello scorso 14 agosto. Oltre a lei, molti cittadini comuni. "Io vivo in Valpolcevera. Sento il dovere di essere qui in rappresentanza di tutte quelle persone alle quali viene impedito di parlare o convinte a non parlare o comunque a soggiacere alle questioni che le istituzioni stanno ponendo in maniera non chiara", ha detto uno dei tanti genovesi. "La gente comune chiede di non dovere più subire, chiede chiarezza, onestà, correttezza e rispetto umano", ha spiegato fuori da palazzo una signora.

Il Codacons ammesso tra le parti civili

Nel frattempo, il Codacons ha reso noto che nel corso dell'incidente probatorio, il gip del tribunale ha rigettato la richiesta di Cgil e altre realtà sindacali di costituirsi parte offesa nel processo, mentre ha accolto la richiesta del Codacons che ora, a tutti gli effetti, rappresenterà la collettività nel corso del procedimento.

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