Oggi l'arresto di otto persone nel Messinese. Umberto Santino, fondatore del Centro Studi Impastato, commenta così la situazione della mafia siciliana a Sky Tg24: "Se restano le condizioni economiche che permettono ai clan di fiorire, questi riescono a rialzarsi"
"Si dice che Cosa Nostra sia diventato un soggetto secondario ma starei molto attento: se i contesti mafiogeni rimangono, le mafie riescono a superare i momenti di crisi": è questo il commento a Sky tg24 di Umberto Santino, fondatore a Palermo assieme ad Anna Puglisi del primo centro studi nato in Italia sulla mafia (1977), poi diventato Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, nel giorno dell’operazione nel Messinese che ha portato all’arresto di otto membri di Cosa Nostra e delle commemorazioni della strage di Via D'Amelio.
"Se non si agisce sul contesto, mafie riescono a rialzarsi"
Secondo Santino, arresti come quelli nel Messinese incidono ma "se permangono le condizioni che permettono alle organizzazioni criminali di nascere, queste continuano a proliferare e le mafie riescono a rialzarsi nonostante la repressione". Condizioni come la globalizzazione, gli squilibri territoriali, l'aumento dei divari sociali, sottolinea Santino, "producono mafie sia nei centri dove c’è grande finanziarizzazione, sia nelle grandi periferie". Santino spiega comunque che "Cosa nostra si trova in difficoltà": per la crisi degli organici (tutti i capi sono in carcere), per la diminuzione della spesa pubblica che non permette di sfruttare gli appalti come una volta, e per la presenza di altri soggetti nel traffico di droga.
"Economia debole favorisce ricorso a economia illegale"
Un clan che continuava a operare, quello colpito dall'operazione nel Messinese, nonostante il boss Giacomo Spartà fosse in carcere dal 2003. Questo dimostra la capacità dei clan di riorganizzarsi anche dopo l'arresto dei vertici: "Questa capacità deriva sempre dal contesto - spiega Santino -: un'economia debole favorisce il ricorso all'economia illegale. Sono le condizioni di fondo a livello sociale e economico che permettono ai soggetti mafiosi di fiorire", nonostante l'assenza dei vertici.
Depistaggio via D'Amelio: "Responsabilità anche dei magistrati"
L'operazione nel Messinese cade nel giorno della commemorazione della strage di via D'Amelio. Santino torna sulle ultime vicende giudiziarie: "Dal Borsellino quater viene fuori una verità molto parziale. Si insiste sulle responsabilità del gruppo d'indagine guidato da Arnaldo La Barbera, ma le responsabilità sono a mio avviso di molte persone, tra cui anche alcuni magistrati". Secondo Santino, "poliziotti e magistrati dovevano dire per primi 'questa sceneggiata finisce', quando il capomafia Salvatore Cancemi disse di non conoscere il falso pentito Scarantino e che lui non era un mafioso". Invece, sottolinea Santino, "si è continuato a mettere in scena questo spettacolo e si è arrivati alla sentenza definitiva". L’ultima sentenza, conclude, "deve essere un punto di partenza di un percorso istituzionale e politico".