Il reportage di Sky TG24 racconta come la nave della ong organizza le attività di salvataggio in mare dei migranti
Una colazione con festa a sorpresa. La giornata di sabato inizia così, con festoni e palloncini che decorano la stanza dove abitualmente si mangia. È oggi il giorno del compleanno di Nico, 38enne olandese, il suo è il primo dei quattro compleanni che cadranno durante la navigazione, il mio compreso. Così il terzo giorno in mare sembra quasi che la spensieratezza faccia da padrona: dura poco però, perché appena sistemata l'ultima tazzina inizia una riunione operativa sui soccorsi, i dottori, il capo missione e Lorenz, che dovrà occuparsi proprio dell'accoglienza delle persone salvate in mare, si confrontano con gli altri membri della crew sulle possibili criticità e soluzioni. D'altra parte il tempo c'è considerato che il mare stamattina è tornato a farci ballare impedendo così di poter scendere in acqua con i gommoni ed effettuare altri test. Training sospeso almeno per la mattinata che scorre, tutto sommato, tranquilla: chi ha il turno delle pulizie si mette subito al lavoro, chi deve stare di guardia sul ponte più alto anche. Marcel cuoco volontario che prepara da mangiare per tutti, inizia a trafficare in cucina tra verdure e fornelli, pensando al pranzo.
L'allarme e la guardia costiera libica
Tutto tranquillo fino alle 10, quando dai radar della cabina di comando viene segnalata un'imbarcazione abbastanza grande, nelle nostre vicinanze, che non si riesce ad identificare. Passano pochi minuti: Pia, il comandante e Anne terzo ufficiale lanciano l'allarme pirateria per i membri della crew. Perché quasi certamente non si tratta di pirati o di un'imbarcazione dalle intenzioni belliche ma bisogna prevenire ogni eventualità mettendoci al sicuro. Scattato l'allarme, ci cerchiamo quasi tutti con lo sguardo, cercando di seguire alla lettera le procedure di emergenza. Questa volta non è una simulazione e nonostante le rassicurazioni di Anne, che intanto fa la conta delle persone per vedere se manca qualcuno come da procedura, il timore che qualcosa possa andare storto si sente, eccome. Restiamo tutti nella recovery area, tutti devono spegnere le radio trasmittenti tranne Anne. Per almeno un'oretta restiamo lì cercando di immaginare di cosa si possa trattare, la tensione inizia a calare quando Pia il comandante, rimasta ai posti di comando con Reiner il capo missione, spiega via radio ad Anne che si tratta della Guardia Costiera Libica che ha chiesto di allontanarci. "Anche se siamo in acque internazionali" mi spiega Rubén. "Ci siamo avvicinati fino alle 27 miglia di distanza, dunque siamo nelle acque internazionali" ribadisce. Cambiamo leggermente rotta ma restiamo nella zona Sar. "A distanza di sicurezza come previsto dalla legge" mi spiegano ancora.
I turni per l'avvistamento
Passata la paura si ritorna a quella che si può definire la normalità all'interno di una nave. Chi ha dei compiti da svolgere torna ad occuparsene, chi deve fare la guardia resta sul ponte. Sì, perché oltre ai radar e ad una telecamera posta all'esterno della nave in uno dei punti più alti, per essere sicuri di avvistare qualcuno in pericolo si fanno i turni ai binocoli. Ci provo anche io, mi incuriosisce. Resto a fissare il mare per diverso tempo, mi stupisco di come si possa restare concentrati a guardare l'infinito, noi abituati a vivere con due telefoni tra le mani e un iPad sempre vicino. "È la prima volta che lo fai?" Mi chiede Johansen uno dei tre medici, è di Berlino ed è alla sua quinta missione. "Sì" gli rispondo. "Dopo aver fissato il mare per ore per cercare di salvare una vita umana, il tuo rapporto con il mare cambia". mi dice con lo sguardo serio e contrito Johansen, uno dei tre medici, è di Berlino ed è alla sua quinta missione.
'Tu sei di Berlino però - ironizzo volutamente per sdrammatizzare - io al mare sono cresciuta". La verità è che capisco benissimo cosa voglia dire, sapere che il mare dove stiamo navigando è la tomba di centinaia e centinaia di persone è una consapevolezzaper entrambi.
"Quando passeggio sul canale a Berlino ho una strana sensazione ormai, non me lo godo più come prima, purtroppo la mia mente accomuna il mare e i corsi d'acqua alla sofferenza e all morte" mi dice.
La Seawtch è una ong tedesca che dal 2015 opera nel mediterraneo per trarre in salvo i migranti che dalla Libia partono su barconi fatiscenti rischiando la vita. È la terza missione dall'inizio del 2018 e nonostante gli ultimi avvenimenti in Italia e i rapporti sempre più complicati con la guardia costiera libica, il gruppo ha deciso di partire ugualmente. L'Italia è il Paese dove vengono portati i migranti salvati, il Paese che fronteggia maggiormente il flusso migratorio. Questo è il diario di come avvengono le operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo