Secondo le accuse erano i dirigenti stessi della squadra Altopack, tra le più quotate nell'ambito dilettantistico, a incoraggiare l'uso di sostanze dopanti tra le quali l'Epo. L'indagine è partita dalla morte improvvisa di Linas Rumsas, 21enne promessa del ciclismo
Un’indagine partita dalla morte del ciclista lituano Linas Rumsas a 21 anni, nel maggio 2017, ha portato all’arresto di sei persone, chiesto e ottenuto dalla procura di Lucca in un’inchiesta per doping nell’ambito del ciclismo dilettantistico. Altre 17 persone sono indagate. Per gli arrestati il gip ha emesso ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per il reato di associazione a delinquere "finalizzata a commettere delitti in materia di doping così da alterare le prestazioni agonistiche". Tra le persone arrestate anche Luca Franceschi, proprietario del team Altopack, il ds della squadra Elso Frediani e il preparatore atletico ed ex corridore Michele Viola.
Le accuse
Secondo gli inquirenti, Luca Franceschi reclutava i ciclisti più promettenti, molti dei quali giovanissimi, li motivava al doping e procurava loro le sostanze dopanti tra cui Epo, ormoni per la crescita e antidolorifici a base di oppiacei. I suoi genitori , anche loro arrestati, sono invece i proprietari dell'abitazione messa a disposizione degli atleti dove sarebbe avvenuta la somministrazione delle sostanze dopanti. Il sesto arrestato è un farmacista che avrebbe rifornito gli atleti di ormoni e altri farmaci, anche di natura oppiacea, coadiuvanti dell'Epo, senza la necessaria prescrizione medica.
Il ds della squadra "conoscitore" dei metodi di doping
Il direttore sportivo della Altopack, Elso Frediani, è considerato dagli investigatori conoscitore delle metodologie del doping: nella preparazione atletica dei ciclisti, si apprende dall'inchiesta, si sarebbe preoccupato di assicurare loro le necessarie consulenze, anche mediche, per una corretta somministrazione delle sostanze proibite tale da eludere i controlli in gara. Il preparatore atletico Michele Viola è invece la persona avrebbe venduto a Franceschi l'Epo destinata ai ciclisti dell'Altopack e dato consigli su come assumerla nascondendo la positività ai controlli.
Gli indagati
Tra gli altri indagati ci sono, a vario titolo, un medico sportivo, un avvocato, molti ciclisti della squadra 2016-2017 per frode sportiva e la donna che portava le sostanze dopanti nei campi gara. Perquisizioni sono state effettuate in provincia di Lucca, Pistoia, Livorno e Bergamo. Sono state sequestrate 25 fiale di Epo a casa del preparatore atletico Viola, oltre a siringhe, aghi butterfly, cateteri e flaconi di coadiuvanti dell'Epo a casa di Luca Franceschi.
Il ruolo degli indagati
Tra gli altri 17 indagati c'è un medico sportivo a cui Frediani si sarebbe rivolto, in più occasioni, per consulenze sull'utilizzo di farmaci dopanti, anche per eludere il controllo antidoping in occasione del campionato italiano dilettanti del 25 giugno 2017. Inoltre dovrà rispondere di favoreggiamento e patrocinio infedele un avvocato di Lucca che, in assenza di mandato difensivo ed essendo a conoscenza delle pratiche dopanti, avrebbe dato a Franceschi e Frediani indicazioni su come eludere le indagini. È indagato anche il secondo direttore sportivo dell'Altopack: pur non partecipando al sodalizio, avrebbe comunque somministrato e favorito l'utilizzo dei farmaci agli atleti del team. Per lo stesso reato è indagata la compagna del proprietario dell'Altopack, Franceschi: alla donna, ritenuta insospettabile, era affidato il compito di portare i farmaci in gara, per assicurarne la pronta somministrazione agli atleti. Dovrà rispondere di frode sportiva la maggior parte dei ciclisti che hanno gareggiato per l'Altopack nella stagione 2016/2017.
Il caso Rumsas
L'indagine antidoping della squadra mobile di Lucca è iniziata dalla morte, avvenuta il 2 maggio scorso, di Linas Rumsas, 21 anni, ciclista lituano figlio dell'ex corridore di fama internazionale Raimondas. L'inchiesta che ha portato agli arresti a Lucca non riguarda comunque il decesso del giovane. Nel periodo precedente la sua morte, però, gli ottimi piazzamenti in gare particolarmente dure, di gran lunga superiori a quelli ottenuti in passato, hanno subito fatto apparire fondato il sospetto che l'improvviso decesso fosse da ricondurre all'uso o abuso di farmaci non autorizzati. Inoltre, a rafforzare i sospetti c'è la circostanza che tra i direttori sportivi della squadra ci fosse il padre, Raimondas Rumsas, in passato coinvolto insieme alla madre del ragazzo, Edita Rumsiene, in indagini per traffico internazionale di sostanze dopanti. Nell'ambito dell’inchiesta sono state perquisite l'abitazione del padre di Linas Rumsas e del fratello maggiore, anch’egli una promessa del ciclismo, e risultato positivo a un potente ormone per la crescita in seguito a un prelievo di sangue e urine di ritorno da un’importante competizione sportiva. È stato denunciato per frode sportiva e sospeso dalle competizioni agonistiche per quattro anni.