Condono edilizio, in Italia 5 milioni di domande pendenti

Cronaca
Una veduta aerea dell'area di Ischia investita da una frana, in cui è visibile il percorso del flusso di fango e detriti che ha raggiunto il porto dell'isola nel 2009

Solo lo 0,9% dei Comuni del nostro Paese non è stato interessato dalle richieste di sanatoria in materia di abusivismo. TUTTI I DATI

A oltre trent'anni dalla prima legge sul condono edilizio, la 47/85 varata dal Governo presieduto da Bettino Craxi, in Italia rimangono ancora 5.392.716 domande di condono da evadere: si tratta di poco più di un terzo rispetto al totale di quelle presentate, che ammonta a 15.431.707. E solo lo 0,9% dei Comuni del nostro Paese non è stato interessato dalle richieste di sanatoria in materia di abusi.

E' quanto emerge da un recente dossier sul condono edilizio in Italia, presentato al Senato ed elaborato dal centro studi di Sogeea, diretto da Sandro Simoncini, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l'università La Sapienza.

Roma in testa

Roma - si legge nel rapporto – è in testa alla graduatoria sia delle istanze presentate sia delle pratiche ancora da concludere. Per ciò che riguarda il totale delle domande, la Capitale ne conta 599.793 e precede Milano (138.550), Firenze (92.465), Venezia (89.000), Napoli (85.495), Torino (84.926), Bologna (62.393), Palermo (60.485), Genova (48.677) e Livorno (45.344). Sul fronte del numero delle istanze ancora da evadere, invece, Roma ne ha 213.185, vale a dire quasi quattro volte Palermo (55.459). Sul gradino più basso del podio troviamo Napoli (45.763), che si attesta davanti a Bologna (42.184). Più staccate Milano (25.384), Livorno (23.368), Arezzo (22.781), Pescara (20.984), Catania (20.249) e Fiumicino (20.055), unico Comune non capoluogo di provincia ad entrare nelle prime dieci posizioni.

Mancati introiti per lo Stato

Considerando l'ammontare delle domande di condono edilizio ancora da evadere, il report stima che i mancati introiti per le casse del nostro Paese sono pari a 21,7 miliardi di euro, pari a 1,4 punti di pil: il dato si ottiene sommando il denaro non incassato per oneri concessori, oblazioni, diritti di istruttoria e segreteria, sanzioni da danno ambientale. Senza contare gli incassi per Stato e Comuni legati agli adeguamenti della rendita catastale dei relativi immobili e il conseguente aumento degli introiti derivanti per esempio dalla tassazione Imu e Tasi.

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