La rabbia dei testimoni di giustizia: "Siamo fantasmi che camminano"

Cronaca

Dario Cirrincione

Si sono radunati sotto Palazzo Chigi per chiedere allo Stato certezze sul loro futuro. "Ci sentiamo abbandonati - dicono - Non possiamo nemmeno lavorare"

"Ci hanno ucciso due volte. Prima abbiamo perso la nostra vera identità. Poi non ci hanno permesso di vivere la nostra nuova vita". I testimoni di giustizia parlano quasi con rassegnazione. Radunati fuori da Palazzo Chigi a Roma hanno scelto di tornare a chiedere garanzie sui loro diritti. Chiedono "un lavoro, un programma di protezione che permetta di vivere una vivere una vita normale". E in alcuni casi anche i giubbotti antiproiettile.

 

I testimoni di giustizia e i collaboratori di giustizia. Esiste una netta differenza tra i collaboratori e i testimoni di giustizia. I primi sono persone che hanno un passato di appartenenza a una organizzazione criminale o mafiosa; i secondi sono cittadini incensurati. I collaboratori sottoscrivono un "contratto" con lo Stato basato sulla fornitura di informazioni provenienti dall'interno dell'organizzazione criminale in cambio di benefici processuali, penali e penitenziari, della protezione e del sostegno economico per sé e per i propri familiari.
I testimoni, invece, forniscono la loro testimonianza su un fatto delittuoso e godono, quindi, di una protezione da parte dello Stato. In molti casi si tratta di commercianti che si rifiutano di pagare il "pizzo", di persone che si ribellano agli usurai o di testimoni di omicidi. Grazie alle loro testimonianze, è stato possibile sequestrare patrimoni illecitamente accumulati e scoprire quali obiettivi perseguono le organizzazioni criminali.

 

I motivi della protesta. Ritrovati sotto Palazzo Chigi, a Roma, i testimoni di giustizia hanno chiesto che vengano loro garantiti i diritti previsti dalla legge. "Siamo l'unica categoria che non ha diritto al lavoro" spiega una donna, testimone di giustizia calabrese. Aveva denunciato i killer dei suoi fratelli più di 20 anni fa. Oggi dice: "Mi sento abbandonata dallo Stato". Con lei c'è un imprenditore campano che vive sotto falsa identità. "Purtroppo - ha detto ai nostri microfoni - a nostre spese dobbiamo comprarci giubbotti antiproiettili, le macchine blindate e assicurarci una protezione. Sempre meno testimoni di giustizia e sempre meno persone denunciano. Siamo persone perbene, abbiamo vissuto tutto ciò solo per un unico scopo: la legalità e la lotta contro le mafie. Oggi sembra che le mafie non ci attacchino più, ma lo Stato ci sta distruggendo giorno dopo giorno".

 

Le novità in vista. Lunedì alla Camera è in calendario una discussione sulle disposizioni per la protezione dei testimoni. La riunione è stata convocata alle 13 in commissione Giustizia.

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