Sarebbe lui l'esecutore materiale del duplice omicidio. Ai domiciliari anche la sua fidanzata. Il procuratore: "Abbiamo tanti indizi"
"Abbiamo un quadro indiziario complesso che porta all'affermazione di responsabilità per Giosuè Ruotolo". E' quanto ha riferito il procuratore capo di Pordenone Marco Martani, nel corso della conferenza stampa sul duplice omicidio di Teresa Costanza e Trifone Ragone, la coppia uccisa a Pordenone il 17 marzo 2015 davanti al palazzetto dello sport. "Un elemento a nostro parere importantissimo e praticamente deciso è dato dalla ricostruzione dei tempi dell'omicidio e della presenza delle persone sul luogo del delitto -ha sottolineato Martani- che ci porta ad affermare con sicurezza che Giosuè Ruotolo, contrariamente a quanto ci ha riferito, era nel parcheggio antistante la palestra, quello dove è avvenuto l'omicidio, non appena prima che l'omicidio venisse commesso ma durante".
Tra Ragone e Ruotolo minacce, dissidi e mani - Dietro al delitto una vicenda di dissidi, minacce e ritorsioni. In particolare, gli investigatori sono riusciti a estrarre dalla memoria dell'iPhone di Teresa Costanza una serie di messaggi inviati tra giugno e luglio alla ragazza da un profilo anonimo in cui una tale “Annalisa” affermava di essere l'amante di Trifone Ragone.
Alcuni particolari evidentemente spinsero Ragone a ritenere che a inviarli fosse stato uno dei coinquilini. Quando capì che si trattava di Ruotolo tra i due ci fu uno scontro fisico e Ruotolo, che ebbe la peggio, giurò vendetta, mentre Trifone minacciò di denunciarlo.
Desiderio di vendetta - Secondo Martani, dunque, "era Trifone di cui Ruotolo si voleva vendicare" e "primo e più grave inquinamento della prova è stato proprio l'omicidio di Teresa", uccisa, secondo gli investigatori, per paura che potesse "raccontare i dissidi recenti coi due fidanzati".
Il ruolo della fidanzata - Quanto alla fidanzata di Ruotolo, Maria Rosaria Patrone, ai domiciliari, il procuratore ha spiegato che avrebbe "confidato ad alcune amiche di sentirsi in colpa temendo di essere stata lei la causa del duplice omicidio" e anche di temere "di essere ricollegata al delitto per essere entrata nel profilo Facebook anonimo".