Mafia, arresti a Corleone: progettavano attentato contro Alfano

Cronaca

Cosa Nostra voleva punire il ministro dell'Interno per l'inasprimento del 41 bis. "Gli faremo fare la fine di Kennedy" si sente dire in un'intercettazione dell'indagine che ha portato all'azzeramento del mandamento del paese di Totò Riina

Si erano detti pronti a colpire con un attentato il ministro dell'Interno Angelino Alfano, colpevole ai loro occhi di avere aggravato il 41 bis. E' quanto emerge dall'operazione "Grande Passo 3", che ha decapitato il mandamento di Corleone, procedendo all'arresto di sei esponenti di spicco. Sono stati intercettati mentre sfogavano la loro rabbia contro il titolare del Viminale. "Gli faremo fare la fine di Kennedy", hanno detto come documentato da una intercettazione, nella quale i mafiosi parlando dell'omicidio del presidente degli Stati Uniti, commesso a Dallas nel 1963.

 

Le intercettazioni - "Se c'è l'accordo gli cafuddiamo (diamo ndr) una botta in testa. Sono saliti grazie a noi. Angelino Alfano è un porco. Chi l'ha portato qua con i voti degli amici? E' andato a finire là con Berlusconi e ora si sono dimenticati tutti" si sente inoltre dire a due mafiosi intercettati dai carabinieri. "Dalle galere dicono cose tinte (brutte ndr) su di lui", commentano poi i mafiosi Masaracchia e Pillitteri, riferendosi alle lamentele dei boss carcerati sul ministro dell'Interno. "E' un cane per tutti i carcerati Angelino Alfano", aggiungono. Poi il riferimento a Kennedy, presidente degli Stati Uniti ucciso nel 1963. "Perché a Kennedy chi se l'è masticato (chi l'ha ucciso ndr)? Noi altri in America. E ha fatto le stesse cose: che prima è salito e poi se li è scordati". Nella conversazione i due mafiosi accennano, dunque, alla circostanza che Kennedy sarebbe stato eliminato dalla mafia perché, eletto coi voti dei boss, non avrebbe poi mantenuti i "patti".


Azzerati i vertici del mandamento di Corleone - Tra gli arrestati dai carabinieri del Gruppo di Monreale, che hanno azzerato i vertici del mandamento di Corleone, c'è anche Rosario Lo Bue, capomafia già finito in carcere nel 2008, ma poi assolto e liberato, fratello di uno dei fiancheggiatori dell'ultima fase della latitanza del boss Bernardo Provenzano. La Cassazione dichiarò nullo il decreto che aveva autorizzato le intercettazioni a suo carico. L'indagine ha svelato anche il progetto di un omicidio imminente: alcune persone si sarebbero rivolte a Cosa nostra per risolvere problemi legati alla riscossione di una grossa eredità.

 

Spaccatura all'interno di Cosa Nostra - "Nel corso delle indagini è stata documentata la caratura della figura di Lo Bue, capo assolutamente carismatico e fautore di una linea d'azione prudente, continuando così nella linea di comando lasciatagli da Bernardo Provenzano - spiegano gli inquirenti - Proprio questo suo modo di condurre le attività del mandamento ha creato non poche fibrillazioni in seno alla famiglia mafiosa di Corleone. In  particolare, Antonino Di Marco, arrestato a settembre 2014, da sempre ritenuto vicino alle posizioni tenute dall'altro storico boss corleonese Salvatore Riina, in più occasioni aveva modo di lamentarsi  del modo con il quale Rosario Lo Bue gestisse gli affari  dell'organizzazione. Le attività hanno, dunque, ribadito che ancora oggi sussistono all'interno della consorteria criminale due anime  contrapposte, l'una moderata storicamente patrocinata da Bernardo  Provenzano e l'altra più oltranzista fedele a Salvatore Riina".

Cronaca: i più letti

[an error occurred while processing this directive]