Secondo i racconti raccolti dall'ong Save the Children un barcone sarebbe affondato 24 ore dopo aver lasciato le coste della Libia. Lunedì intanto gli scafisti hanno aperto il fuoco sui soccorittori per recuperare un'imbarcazione
Si sarebbe verificata una nuova tragedia al largo delle coste libiche. Secondo le testimonianze raccolte tra i 150 immigrati superstiti sbarcati a Reggio Calabria, sarebbero circa 400 le vittime di un naufragio avvenuto a 24 ore dalla partenza dalla Libia. Tra i morti ci sarebbero anche molti giovani, probabilmente minori. Ad annunciare la tragedia è stato Save the Children, secondo cui tra le migliaia di sbarcati negli ultimi giorni ci sono 450 bambini, tra cui 317 non accompagnati. Secondo fonti della Guardia costiera le ricerche "condotte incessantemente non hanno consentito di individuare in mare elementi che possano ricondurre a presenza di superstiti".
Spari contro i soccorittori - Nel frattempo si registra, dopo quello avvenuto due mesi fa contro una motovedetta della Guardia Costiera, un nuovo attacco da parte degli scafisti contro i soccorritori. L'ennesimo segnale che conferma come la situazione sulla sponda sud del Mediterraneo sia ormai degenerata e che va ad aggiungersi ad un altro inequivocabile, la ripresa delle partenze di massa: oltre 8.500 in meno di 72 ore (lo speciale sbarchi). Senza contare quelli che sono morti e che vanno a ingrossare le file dei senza nome finiti in fondo al mare: 400 secondo il racconto dei testimoni sbarcati in Calabria.
"Segnale che i barconi stanno finendo" - L'attacco ai soccorritori è avvenuto lunedì a circa 60 miglia dalle coste libiche, durante il trasbordo dei migranti tra la nave della marina islandese Tyr, inserita nel dispositivo Frontex, e il rimorchiatore italiano Asso 21. Da un "barchino veloce" - che secondo altre testimonianze, e alcune foto, sarebbe invece una motovedetta libica - sono partiti "vari colpi di arma da fuoco" in aria, per recuperare il barcone su cui avevano viaggiato. "Questo è un segnale che i trafficanti in Libia stanno finendo le barche", afferma il direttore esecutivo di Frontex Fabrice Leggeri. Il "natante" si è poi diretto verso terra ed è stato monitorato per un tratto da nave Bergamini della Marina militare italiana che ha ripristinato "la cornice di sicurezza". Il Bergamini, sottolinea la Difesa, ha poi proseguito nell'attività di pattugliamento "non riscontrando le condizioni per dare seguito ad ulteriori azioni, mentre il barchino veloce entrava nelle vicine acque territoriali libiche. Sulla vicenda sono in corso ulteriori accertamenti per chiarire tutte le dinamiche".
I racconti dei superstiti - Intanto, degli oltre 8.500 migranti soccorsi nel fine settimana, quasi tremila sono sbarcati questa mattina tra la Sicilia, la Calabria e Lampedusa, dove il centro di accoglienza è al collasso con 1.400 migranti (ma per 300 di loro è già previsto un trasferimento con un ponte aereo) a fronte di una capienza di 250 posti. E con i sopravvissuti arrivano i racconti dell'orrore. "Nei pressi di Tripoli abbiamo vissuto per quattro mesi in una fabbrica di sardine - ha raccontato un diciassettenne - Eravamo più di mille persone. Mangiavamo una sola volta al giorno e non potevamo fare nulla. Se qualcuno parlava con un amico o un vicino, veniva picchiato. Tutto questo per estorcere altri soldi. Ti facevano chiamare a casa, dicendo che stavi per morire e nel frattempo ti picchiavano, così i tuoi familiari sentivano le tue urla".
Spari contro i soccorittori - Nel frattempo si registra, dopo quello avvenuto due mesi fa contro una motovedetta della Guardia Costiera, un nuovo attacco da parte degli scafisti contro i soccorritori. L'ennesimo segnale che conferma come la situazione sulla sponda sud del Mediterraneo sia ormai degenerata e che va ad aggiungersi ad un altro inequivocabile, la ripresa delle partenze di massa: oltre 8.500 in meno di 72 ore (lo speciale sbarchi). Senza contare quelli che sono morti e che vanno a ingrossare le file dei senza nome finiti in fondo al mare: 400 secondo il racconto dei testimoni sbarcati in Calabria.
"Segnale che i barconi stanno finendo" - L'attacco ai soccorritori è avvenuto lunedì a circa 60 miglia dalle coste libiche, durante il trasbordo dei migranti tra la nave della marina islandese Tyr, inserita nel dispositivo Frontex, e il rimorchiatore italiano Asso 21. Da un "barchino veloce" - che secondo altre testimonianze, e alcune foto, sarebbe invece una motovedetta libica - sono partiti "vari colpi di arma da fuoco" in aria, per recuperare il barcone su cui avevano viaggiato. "Questo è un segnale che i trafficanti in Libia stanno finendo le barche", afferma il direttore esecutivo di Frontex Fabrice Leggeri. Il "natante" si è poi diretto verso terra ed è stato monitorato per un tratto da nave Bergamini della Marina militare italiana che ha ripristinato "la cornice di sicurezza". Il Bergamini, sottolinea la Difesa, ha poi proseguito nell'attività di pattugliamento "non riscontrando le condizioni per dare seguito ad ulteriori azioni, mentre il barchino veloce entrava nelle vicine acque territoriali libiche. Sulla vicenda sono in corso ulteriori accertamenti per chiarire tutte le dinamiche".
I racconti dei superstiti - Intanto, degli oltre 8.500 migranti soccorsi nel fine settimana, quasi tremila sono sbarcati questa mattina tra la Sicilia, la Calabria e Lampedusa, dove il centro di accoglienza è al collasso con 1.400 migranti (ma per 300 di loro è già previsto un trasferimento con un ponte aereo) a fronte di una capienza di 250 posti. E con i sopravvissuti arrivano i racconti dell'orrore. "Nei pressi di Tripoli abbiamo vissuto per quattro mesi in una fabbrica di sardine - ha raccontato un diciassettenne - Eravamo più di mille persone. Mangiavamo una sola volta al giorno e non potevamo fare nulla. Se qualcuno parlava con un amico o un vicino, veniva picchiato. Tutto questo per estorcere altri soldi. Ti facevano chiamare a casa, dicendo che stavi per morire e nel frattempo ti picchiavano, così i tuoi familiari sentivano le tue urla".