Secondo le motivazioni della sentenza d'appello di condanna a 16 anni, l'ex bocconiano considerava la fidanzata "una presenza pericolosa da eliminare". Dito puntato anche contro gli inquirenti che avrebbero commesso "errori anche gravi"
Alberto Stasi ha ucciso Chiara Poggi perché la riteneva scomoda e pericolosa per un motivo rimasto sconosciuto. A scriverlo sono i giudici della prima corte d'appello di Milano nelle motivazioni della sentenza di condanna a sedici anni per l'ex bocconiano nella vicenda del caso di Garlasco (la condanna - l'assoluzione di primo grado - di secondo grado - il rinvio della Cassazione - tutte le foto). Secondo quanto scrivono i magistrati, infatti, il giovane "ha brutalmente ucciso la fidanzata che, evidentemente, era diventata per un motivo rimasto sconosciuto una presenza pericolosa e scomoda, e come tale da eliminare per sempre dalla sua vita di ragazzo 'per bene' e studente 'modello', da tutti concordemente apprezzato".
Chiara Poggi, unica vittima - Nelle motivazioni della sentenza i giudici poi rispondono anche ai difensori di Stasi, che avevano descritto il loro assistito come "vittima di un caso giudiziario". "La sola vittima" della vicenda "è Chiara Poggi" sottolineano. "Dopo aver commesso il delitto - prosegue il magistrato che ha scritto le motivazioni, Barbara Bellerio - l'imputato è riuscito con abilità e freddezza a riprendere in mano la situazione e a fronteggiarla abilmente, facendo le sole cose che potesse fare, quelle di tutti i giorni: ha acceso il computer, visionato immagini e filmati porno, ha scritto la tesi, come se nulla fosse accaduto".
Colpe gravi da parte degli inquirenti - I giudici puntano il dito anche contro chi ha condotto le indagini, su cui peserebbero gravi errori, anche se osservano come lo stesso Stasi, con i suoi comportamenti, avrebbero rallentato gli accertamenti. "La Corte ha preso atto delle molte criticità di alcuni degli accertamenti svolti, riconducibili a errori e negligenze anche gravi, - si legge nelle motivazioni alla sentenza - e non solo all'inesperienza degli inquirenti: (...) ma non si può negare che in molte occasioni sia stato proprio l'imputato (personalmente e non solo) ad indirizzare e a ritardare le indagini in modo determinante e a sé favorevole (quindi sostanzialmente fuorviante)". "Quella che la difesa - proseguono i giudici - ha descritto come una condotta di 'massima disponibilità" da sempre mostrata da Stasi in questo processo, è infatti suscettibile di una diversa lettura (...) tale atteggiamento, insieme al tempo trascorso dai fatti che ha poi irrimediabilmente compromesso o reso impossibili alcuni accertamenti, ha avuto effetti positivi soltanto per l'imputato, assolto sia in primo che in secondo grado".
Le tappe della vicenda - Chiara Poggi venne uccisa il 13 agosto del 2007 nella villetta dei suoi genitori a Garlasco, in provincia di Pavia. Unico imputato per il delitto il suo fidanzato, Alberto Stasi, assolto sia in primo che in secondo grado. Il 18 aprile del 2013 la corte di Cassazione ha però ordinato un nuovo appello, alla fine del quale l'ex bocconiano è stato condannato a 16 anni di carcere.
Chiara Poggi, unica vittima - Nelle motivazioni della sentenza i giudici poi rispondono anche ai difensori di Stasi, che avevano descritto il loro assistito come "vittima di un caso giudiziario". "La sola vittima" della vicenda "è Chiara Poggi" sottolineano. "Dopo aver commesso il delitto - prosegue il magistrato che ha scritto le motivazioni, Barbara Bellerio - l'imputato è riuscito con abilità e freddezza a riprendere in mano la situazione e a fronteggiarla abilmente, facendo le sole cose che potesse fare, quelle di tutti i giorni: ha acceso il computer, visionato immagini e filmati porno, ha scritto la tesi, come se nulla fosse accaduto".
Colpe gravi da parte degli inquirenti - I giudici puntano il dito anche contro chi ha condotto le indagini, su cui peserebbero gravi errori, anche se osservano come lo stesso Stasi, con i suoi comportamenti, avrebbero rallentato gli accertamenti. "La Corte ha preso atto delle molte criticità di alcuni degli accertamenti svolti, riconducibili a errori e negligenze anche gravi, - si legge nelle motivazioni alla sentenza - e non solo all'inesperienza degli inquirenti: (...) ma non si può negare che in molte occasioni sia stato proprio l'imputato (personalmente e non solo) ad indirizzare e a ritardare le indagini in modo determinante e a sé favorevole (quindi sostanzialmente fuorviante)". "Quella che la difesa - proseguono i giudici - ha descritto come una condotta di 'massima disponibilità" da sempre mostrata da Stasi in questo processo, è infatti suscettibile di una diversa lettura (...) tale atteggiamento, insieme al tempo trascorso dai fatti che ha poi irrimediabilmente compromesso o reso impossibili alcuni accertamenti, ha avuto effetti positivi soltanto per l'imputato, assolto sia in primo che in secondo grado".
Le tappe della vicenda - Chiara Poggi venne uccisa il 13 agosto del 2007 nella villetta dei suoi genitori a Garlasco, in provincia di Pavia. Unico imputato per il delitto il suo fidanzato, Alberto Stasi, assolto sia in primo che in secondo grado. Il 18 aprile del 2013 la corte di Cassazione ha però ordinato un nuovo appello, alla fine del quale l'ex bocconiano è stato condannato a 16 anni di carcere.