Colpo al patrimonio di Messina Denaro, sequestro per 20 mln

Cronaca
Un'immagine del blitz contro il patrimonio di Messina Denaro

Blitz contro i beni della famiglia del boss latitante ormai da oltre 20 anni. Smantellato un vero e proprio circuito imprenditoriale teso ad assicurare un completo controllo economico del territorio soprattutto nel settore dell'edilizia e dell'indotto

Blitz dei Carabinieri e della Guardia di Finanza contro il patrimonio della "famiglia" mafiosa del boss latitante Matteo Messina Denaro: sequestrati complessi aziendali, attività agricole e commerciali, terreni, fabbricati, autoveicoli e disponibilità finanziarie per un valore di oltre 20 milioni di euro. Il maxi sequestro ha interessato diversi soggetti, tutti arrestati nel dicembre 2013 in quanto coinvolti, a vario titolo, nel supporto alla latitanza di Messina Denaro e nel controllo degli interessi economici a lui riconducibili.

Società occulte e imprese attive in molti settori - In particolare, riferiscono gli investigatori, l'indagine ha fatto luce sulle modalità di controllo delle attività economiche e produttive da parte dell'organizzazione capeggiata da Messina Denaro, attraverso la gestione occulta di società e imprese attive in diversi settori. Si tratta di un vero e proprio circuito imprenditoriale teso ad assicurare un completo controllo economico del territorio soprattutto nel settore dell'edilizia e del relativo indotto, mediante la gestione e la spartizione di importanti commesse. 

I beni sequestrati - Tra i beni sottoposti a sequestro ci sono tre società, sette quote societarie e quattro ditte individuali, dodici autovetture, quattro veicoli industriali, una moto, tredici autocarri, tre semirimorchi, un fabbricato industriale, un immobile a destinazione commerciale, otto immobili ad uso abitativo, 29 terreni, quattro fabbricati rurali, polizze assicurative, titoli azionari, rapporti bancari, depositi a risparmio.

Le indagini - I provvedimenti di sequestro sono stati disposti dalle Sezioni misure di prevenzione dei Tribunali di Palermo e di Trapani, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano. Le indagini hanno permesso di ricostruire le infiltrazioni di Cosa Nostra e dei suoi leader storici negli affari di diverse società ed attività agricole e commerciali dislocate in diverse province della Sicilia e del Sud Italia.

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