Napolitano sentito per quasi 3 ore nell'ambito del processo sul presunto negoziato. Seduta a porte chiuse, una quarantina i partecipanti fra magistrati, avvocati e cancellieri. Uno dei legali: "Parola 'trattativa' mai usata". Il Colle: "Risposto a tutto"
E' durata tre ore l’audizione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nell’ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia. Un comunicato diffuso dal Colle precisa che il presidente Napolitano "ha risposto alle domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa". Fatto confermato anche dal il procuratore di Palermo Leonardo Agueci, secondo cui "da parte del capo dello Stato c'è stata una grande collaborazione. Napolitano ha risposto a tutto in modo molto ampio".
Verbali saranno resi noti in un secondo momento - L'udienza si è svolta a porte chiuse e perciò chiusa alla stampa anche se il contenuto dei verbali non sarà secretato e si potrà perciò conoscere in un secondo momento. Una quarantina i partecipanti fra corte, avvocati e cancellieri (qui le foto del loro arrivo).
Il Quirinale "auspica che la Cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della registrazione per l'acquisizione agli atti del processo, affinché sia possibile dare tempestivamente notizia agli organi di informazione e all'opinione pubblica" dell'udienza.
La piazza assediata dai giornalisti
"Con D'Ambrosio eravamo una squadra di lavoro" - Il presidente Napolitano avrebbe riferito, secondo quanto riportato dall'avvocato Nicoletta Piergentili della difesa di Nicola Mancino (video), di non essere stato mai "minimamente turbato" delle notizie su presunti attentati alla sua persona nel 1993. Questo "perché faceva parte del suo ruolo istituzionale", ha spiegato l'avvocato, che ha aggiunto una frase della tesimonianza i Napolitano su Loris D'Ambrosio: "Con Loris eravamo una squadra di lavoro".
Primi quesiti sulla lettera di D'Ambrosio - E della ventina di domande dei Pm di Palermo, un primo blocco riguardava appunto la lettera che Loris D'Ambrosio, ex consigliere giuridico di Napolitano, a giugno del 2012, due mesi prima di morire, inviò al Capo dello Stato quando, amareggiato dalla campagna di stampa seguita alla pubblicazione delle intercettazioni delle sue telefonate con Nicola Mancino, presentò al Presidente della Repubblica le sue dimissioni e Napolitano le respinse. Affrontato l'argomento D'Ambrosio, si è passato all'allarme attentati lanciato dal Sismi nel '93. Gli 007, riferendo quando saputo da una fonte confidenziale, parlarono di un rischio per Napolitano e per Giovanni Spadolini.
L'estate crudele del 1993: sangue, silenzi e interrogativi
Verbali saranno resi noti in un secondo momento - L'udienza si è svolta a porte chiuse e perciò chiusa alla stampa anche se il contenuto dei verbali non sarà secretato e si potrà perciò conoscere in un secondo momento. Una quarantina i partecipanti fra corte, avvocati e cancellieri (qui le foto del loro arrivo).
Il Quirinale "auspica che la Cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della registrazione per l'acquisizione agli atti del processo, affinché sia possibile dare tempestivamente notizia agli organi di informazione e all'opinione pubblica" dell'udienza.
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"Con D'Ambrosio eravamo una squadra di lavoro" - Il presidente Napolitano avrebbe riferito, secondo quanto riportato dall'avvocato Nicoletta Piergentili della difesa di Nicola Mancino (video), di non essere stato mai "minimamente turbato" delle notizie su presunti attentati alla sua persona nel 1993. Questo "perché faceva parte del suo ruolo istituzionale", ha spiegato l'avvocato, che ha aggiunto una frase della tesimonianza i Napolitano su Loris D'Ambrosio: "Con Loris eravamo una squadra di lavoro".
Primi quesiti sulla lettera di D'Ambrosio - E della ventina di domande dei Pm di Palermo, un primo blocco riguardava appunto la lettera che Loris D'Ambrosio, ex consigliere giuridico di Napolitano, a giugno del 2012, due mesi prima di morire, inviò al Capo dello Stato quando, amareggiato dalla campagna di stampa seguita alla pubblicazione delle intercettazioni delle sue telefonate con Nicola Mancino, presentò al Presidente della Repubblica le sue dimissioni e Napolitano le respinse. Affrontato l'argomento D'Ambrosio, si è passato all'allarme attentati lanciato dal Sismi nel '93. Gli 007, riferendo quando saputo da una fonte confidenziale, parlarono di un rischio per Napolitano e per Giovanni Spadolini.
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