La Corte d'Assise di Milano motiva l'assoluzione dei quattro poliziotti, decisa in luglio: la condotta degli agenti fu di "piena legittimità" e i colpi inferti all'uomo erano necessari per "vincerne la resistenza durante l'ammanettamento"
"Non vi fu alcuna gratuita violenza ai danni di Michele Ferrulli", il manovale morto per arresto cardiaco a Milano nel 2011, mentre alcuni agenti lo stavano ammanettando a terra. Così la Corte d'Assise di Milano motiva l'assoluzione di 4 poliziotti, decisa in luglio.
"Nessuna prova del legame tra l'arresto e il decesso" - Nelle motivazioni della sentenza che ha assolto i quattro imputati dall'accusa di omicidio preterintenzionale, i giudici sottolineano che la condotta dei quattro poliziotti che ammanettarono Michele Ferrulli fu di "piena legittimità". Secondo i giudici, infatti, Ferrulli "dopo aver proferito reiterate ingiurie e minacce all'indirizzo dei poliziotti, dopo essersi rifiutato di fornire i documenti e dopo aver addirittura aggredito uno dei poliziotti, poteva essere legittimamente ammanettato". Non c'è prova, inoltre, secondo i giudici, del legame tra l'arresto e il decesso di Ferrulli, che potrebbe essersi verificato per le sue precarie condizioni di salute.
"Colpi necessari per vincere la resistenza" - I "colpi" inferti dagli agenti inoltre, secondo la Corte, erano necessari per "vincere la resistenza dell’uomo durante l'ammanettamento” e furono solo uno dei vari "fattori stressogeni", tra i quali giudici elencano: l'arrivo dei poliziotti in via Varsavia a Milano, "il contrasto insorto con Ferrulli con la conseguente caduta a terra, l'ammanettamento", la sua "resistenza" all'azione dei poliziotti, la sua "ipertensione cronica" e la sua "ipertrofia cardiaca".
In altri termini, secondo la Corte, "non può dirsi provato che se l'ammanettamento fosse stato completato dagli imputati, senza ricorrere, nella sua parte finale, ai 'tre colpi' e 'sette colpi', l'evento non si sarebbe verificato, cioè non si sarebbe verificato quell'attacco ipertensivo che per la sua violenza determinò l'arresto cardiaco".
"La Procura ha recepito vox populi" - Secondo i giudici, poi, la Procura di Milano ha finito "nella sostanza, per recepire le voci diffusesi dopo il fatto tra le persone accorse sul posto" e cioè che "egli fosse stato 'ammazzato di botte', voci poi alimentate dalla diffusione, fin dal giorno successivo al fatto, di un video che per il tenore dei sottotitoli riportati finiva per costituire un esplicito avallo di tale assunto". Ma "come è ben noto la vox populi è un dato assai pericoloso, perché il suo acritico recepimento nelle aule di giustizia può essere all'origine delle peggiori degenerazioni della giustizia".
"Nessuna prova del legame tra l'arresto e il decesso" - Nelle motivazioni della sentenza che ha assolto i quattro imputati dall'accusa di omicidio preterintenzionale, i giudici sottolineano che la condotta dei quattro poliziotti che ammanettarono Michele Ferrulli fu di "piena legittimità". Secondo i giudici, infatti, Ferrulli "dopo aver proferito reiterate ingiurie e minacce all'indirizzo dei poliziotti, dopo essersi rifiutato di fornire i documenti e dopo aver addirittura aggredito uno dei poliziotti, poteva essere legittimamente ammanettato". Non c'è prova, inoltre, secondo i giudici, del legame tra l'arresto e il decesso di Ferrulli, che potrebbe essersi verificato per le sue precarie condizioni di salute.
"Colpi necessari per vincere la resistenza" - I "colpi" inferti dagli agenti inoltre, secondo la Corte, erano necessari per "vincere la resistenza dell’uomo durante l'ammanettamento” e furono solo uno dei vari "fattori stressogeni", tra i quali giudici elencano: l'arrivo dei poliziotti in via Varsavia a Milano, "il contrasto insorto con Ferrulli con la conseguente caduta a terra, l'ammanettamento", la sua "resistenza" all'azione dei poliziotti, la sua "ipertensione cronica" e la sua "ipertrofia cardiaca".
In altri termini, secondo la Corte, "non può dirsi provato che se l'ammanettamento fosse stato completato dagli imputati, senza ricorrere, nella sua parte finale, ai 'tre colpi' e 'sette colpi', l'evento non si sarebbe verificato, cioè non si sarebbe verificato quell'attacco ipertensivo che per la sua violenza determinò l'arresto cardiaco".
"La Procura ha recepito vox populi" - Secondo i giudici, poi, la Procura di Milano ha finito "nella sostanza, per recepire le voci diffusesi dopo il fatto tra le persone accorse sul posto" e cioè che "egli fosse stato 'ammazzato di botte', voci poi alimentate dalla diffusione, fin dal giorno successivo al fatto, di un video che per il tenore dei sottotitoli riportati finiva per costituire un esplicito avallo di tale assunto". Ma "come è ben noto la vox populi è un dato assai pericoloso, perché il suo acritico recepimento nelle aule di giustizia può essere all'origine delle peggiori degenerazioni della giustizia".