Vatileaks, Paolo Gabriele deporrà in aula il 2 ottobre

Cronaca

Rischia fino a 6 anni di carcere l'ex maggiordomo del Papa, accusato di "furto aggravato" dei documenti di Benedetto XVI. Stralciata la posizione del tecnico informatico Claudio Sciarpelletti. Testimonierà anche il segretario del Pontefice Georg Gaenswein

Il processo per furto aggravato dei documenti di Benedetto XVI  a carico dell'ex maggiordomo papale Paolo Gabriele potrebbe risolversi in una manciata di udienze, non più di cinque in tutto, e concludersi entro la fine della prossima settimana. E' la previsione del presidente del collegio giudicante Giuseppe Dalla Torre riferita dialogando informalmente con l'avvocato Cristiana Arru, che difende l'imputato.La prima udienza è durata non più di due ore e un quarto nella piccola aula del Tribunale vaticano e il processo è stato subito diviso in due tronconi, separando la posizione del tecnico informatico Claudio Sciarpelletti, accusato di favoreggiamento, il cui giudizio è stato rinviato a data da destinarsi.

Sulla posizione di Gabriele testimonierà in aula anche il segretario personale del Pontefice, mons. Georg Gaenswein, mentre già nella prossima udienza, fissata per martedì  2 ottobre alle 9.00, deporrà l'ormai ex aiutante di camera di Sua Santità, che rischia fino a 6 anni di carcere. Gabriele era stamane in aula: abito grigio chiaro, camicia bianca, cravatta grigio scuro, pallido in volto e con le borse sotto gli occhi, espressione impassibile a nascondere la tensione, Gabriele ha assistito a tutta l'udienza senza manifestare sentimenti particolari, seduto al suo scranno, soffermandosi un po' a dialogare con l'avvocato durante la pausa di un'ora e venti minuti per la camera di consiglio, disposta dal presidente per decidere sulle eccezioni preliminari.

Molte quelle presentate dall'avvocato Arru, respinte dai giudici dopo un'ora e venti di camera di consiglio. Non verranno acquisite le testimonianze raccolte dalla Commissione cardinalizia voluta da Benedetto XVI, perché, ha detto Dalla Torre, "è  stata istituita secondo l'ordinamento canonico, ha incarico di riferire solo al Papa, in forma extra-sacramentale e la sua attività non può avere rilevanza per l'ordinamento penale vaticano". Respinta l'eccezione pregiudiziale sull'incompetenza dei giudici per le questioni legate al segreto pontificio. Ribadita la liceità dell'installazione di una telecamera sul pianerottolo di casa di Gabriele da parte della Gendarmeria.

"Espunti", invece, dagli atti processuali, sempre su richiesta della Arru, i due colloqui avuti dal capo della Gendarmeria Giani con Paolo Gabriele in cella senza la presenza degli avvocati, nelle fasi immediatamente successive all'arresto del 23 maggio scorso. Esclusa anche la conversazione di Giani con don Georg sull'assegno di centomila euro trovato in casa di Gabriele (Giani si era voluto informare se per il maggiordomo sarebbe stato possibile incassarlo). Non si farà, poi, una perizia dattiloscopica sulla pepita. Ammesse, inoltre, dal giudice le modalità con cui è stato esaminato il materiale sequestrato a Gabriele, contenuto in ben 82 scatoloni ma composto in gran parte di documenti scaricati da Internet.

Tolto dagli atti un articolo in tedesco sulla vicenda Vatileaks pubblicato su Die Welt dal giornalista Paul Badde. Respinta, poi, per motivi di sicurezza, la richiesta dell'esibizione di una planimetria dello studio di don Georg. Restano aperte le questioni relative al sequestro di carte tenute da Gabriele nella casa che aveva in uso a Castel Gandolfo e dell'acquisizione nel dibattimento come corpi di reato dell'assegno, della pepita e della 'cinquecentina' dell'Eneide: si vedrà all'esito del dibattimento. Soprattutto, comunque, su richiesta dell'avvocato Benedetti, su cui il promotore di giustizia Nicola Picardi non si è opposto, sono stati divisi i procedimenti a carico di Gabriele - per cui il giudizio prosegue da martedì con sullo sfondo sempre la possibilità  di un "perdono" papale -, e di Sciarpelletti, il quale in ogni caso si dichiara "innocente", mentre il legale nega che le sue dichiarazioni sulla busta di documenti trovatagli nella scrivania in Segreteria di Stato, pur contraddittorie, abbiano in alcun modo favorito l'ex segretario del Papa

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