Operazione della polizia che ha intercettato le riunioni di un clan per spartirsi il territorio. Tra le persone indagate anche un immobiliarista e un consigliere comunale di Castellammare del Golfo, comune della provincia siciliana
Dodici persone sono state arrestate dalla polizia nell'operazione antimafia "Crimiso" con l'accusa di far parte dei clan mafiosi della provincia di Trapani. I provvedimenti, emessi dal Gip di Palermo Luigi Petrucci, su richiesta del procuratore aggiunto della Dda, Maria Teresa Principato, e dei sostituti Paolo Guido, Carlo Marzella e Pierangelo Padova, sono stati eseguiti dalla Squadra Mobile di Trapani e della sezione Criminalità Organizzata, in Sicilia a Castellammare del Golfo, Alcamo, Calatafimi e Vita, e in Lombardia a Milano e Sesto San Giovanni. Associazione mafiosa, estorsione, incendio, violazione di domicilio e violazione delle prescrizione della sorveglianza speciale le accuse contestate a vario titolo. Sono state effettuate perquisizioni domiciliari a carico degli arrestati e di altri 15 indagati in stato di libertà cui è stata notificata informazione di garanzia. Tra questi, un immobiliarista e il titolare di uno studio di progettazione, che è anche consigliere comunale di Castellammare del Golfo. I due avrebbero consentito delle riunioni dei mafiosi presso i loro esercizi.
Gli arrestati sono Antonino Bonura, imprenditore alcamese 49 anni residente a Sesto San Giovanni (Milano), pregiudicato per mafia, Antonino Bosco, pregiudicato mafioso di Castellammare del Golfo, 58 anni, detenuto all'ergastolo, Vincenzo Bosco, operaio di 49 anni, Sebastiano Bussa, pregiudicato di 38 anni,Vincenzo Campo, procacciatore d'affari pregiudicato di 45 anni, Salvatore Giordano, 54 anni, imprenditore pregiudicato di Ravanusa (Agrigento) e residente a Milano, Rosario Tommaso Leo, 44 anni, imprenditore agricolo pregiudicato, Salvatore Mercadante, 28 anni, allevatore, Nicolò Pidone, 50 anni, dipendente stagionale del Corpo Forestale di Calatafimi, Diego Rugeri, 33 anni, pregiudicato, Giuseppe Sanfilippo, 30 anni, operaio pregiudicato, Michele Sottile, 50 anni, pregiudicato.
L'indagine ha fatto luce su una spaccatura apertasi all'interno della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo dopo gli arresti dei vertici alcuni anni fa nelle operazioni Tempesta I e II. Una spaccatura che secondo gli inquirenti poteva portare ad una vera e propria faida interna alle cosche di Alcamo e Castellammare. Un gruppo legato a Diego Rugeri, rampollo di una famiglia mafiosa, sotto l'egida del più autorevole Antonino Bonura, "reggente" del clan di Alcamo, aveva intrapreso alcune estorsioni ai danni di operatori economici castellammaresi senza il consenso di Michele Sottile, uomo d'onore di Castellammare che, per "anzianità" anagrafica, riteneva di dover capeggiare la cosca locale.
Gli attriti tra i due, sostiene la polizia, potevano sfociare in una vera e propria "faida". Per appianare le divergenze, Bonura, assieme a Rosario Leo, affiliato alla famiglia mafiosa di Vita, aveva convocato un summit dei clan di Alcamo, di Castellammare e di Calatafimi in aperta campagna per appianare le divergenze. Questa riunione è stata intercettata dagli investigatori, che hanno così compreso quel che si muoveva nel contesto mafioso provinciale. E' stata anche riscontrata la presenza di un'ulteriore "ala autonomista" all'interno della famiglia mafiosa di Castellammare: i boss infatti accusavano Sebastiano Bussa (non presente al vertice di aver richiesto, senza l'autorizzazione della "famiglia" il pagamento di un'estorsione ad un'impresa edile che stava svolgendo lavori pubblici nel centro della cittadina del golfo. Le indagini hanno fatto chiarezza anche su una serie di estorsioni e incendi ai danni del ristorante "Egesta Mare" e dei bar "Vogue" e "La Sorgente" di Castellammare del Golfo, di vari imprenditori, di un dentista, delle ditte "Prom.Edil" e "F.lli Tamburello G. & c. s.n.c.", esecutrici dei lavori appaltati dal Comune di Castellammare del Golfo per la riqualificazione urbana e il ripristino dell'antica pavimentazione del centro storico. Otre al regolare pagamento di somme di danaro, alle vittime veniva imposto di assumere parenti degli indagati, o di fornire prestazioni professionali gratis.
Gli arrestati sono Antonino Bonura, imprenditore alcamese 49 anni residente a Sesto San Giovanni (Milano), pregiudicato per mafia, Antonino Bosco, pregiudicato mafioso di Castellammare del Golfo, 58 anni, detenuto all'ergastolo, Vincenzo Bosco, operaio di 49 anni, Sebastiano Bussa, pregiudicato di 38 anni,Vincenzo Campo, procacciatore d'affari pregiudicato di 45 anni, Salvatore Giordano, 54 anni, imprenditore pregiudicato di Ravanusa (Agrigento) e residente a Milano, Rosario Tommaso Leo, 44 anni, imprenditore agricolo pregiudicato, Salvatore Mercadante, 28 anni, allevatore, Nicolò Pidone, 50 anni, dipendente stagionale del Corpo Forestale di Calatafimi, Diego Rugeri, 33 anni, pregiudicato, Giuseppe Sanfilippo, 30 anni, operaio pregiudicato, Michele Sottile, 50 anni, pregiudicato.
L'indagine ha fatto luce su una spaccatura apertasi all'interno della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo dopo gli arresti dei vertici alcuni anni fa nelle operazioni Tempesta I e II. Una spaccatura che secondo gli inquirenti poteva portare ad una vera e propria faida interna alle cosche di Alcamo e Castellammare. Un gruppo legato a Diego Rugeri, rampollo di una famiglia mafiosa, sotto l'egida del più autorevole Antonino Bonura, "reggente" del clan di Alcamo, aveva intrapreso alcune estorsioni ai danni di operatori economici castellammaresi senza il consenso di Michele Sottile, uomo d'onore di Castellammare che, per "anzianità" anagrafica, riteneva di dover capeggiare la cosca locale.
Gli attriti tra i due, sostiene la polizia, potevano sfociare in una vera e propria "faida". Per appianare le divergenze, Bonura, assieme a Rosario Leo, affiliato alla famiglia mafiosa di Vita, aveva convocato un summit dei clan di Alcamo, di Castellammare e di Calatafimi in aperta campagna per appianare le divergenze. Questa riunione è stata intercettata dagli investigatori, che hanno così compreso quel che si muoveva nel contesto mafioso provinciale. E' stata anche riscontrata la presenza di un'ulteriore "ala autonomista" all'interno della famiglia mafiosa di Castellammare: i boss infatti accusavano Sebastiano Bussa (non presente al vertice di aver richiesto, senza l'autorizzazione della "famiglia" il pagamento di un'estorsione ad un'impresa edile che stava svolgendo lavori pubblici nel centro della cittadina del golfo. Le indagini hanno fatto chiarezza anche su una serie di estorsioni e incendi ai danni del ristorante "Egesta Mare" e dei bar "Vogue" e "La Sorgente" di Castellammare del Golfo, di vari imprenditori, di un dentista, delle ditte "Prom.Edil" e "F.lli Tamburello G. & c. s.n.c.", esecutrici dei lavori appaltati dal Comune di Castellammare del Golfo per la riqualificazione urbana e il ripristino dell'antica pavimentazione del centro storico. Otre al regolare pagamento di somme di danaro, alle vittime veniva imposto di assumere parenti degli indagati, o di fornire prestazioni professionali gratis.