‘Ndrangheta, aiutavano le cosche: arrestato anche un giudice

Cronaca

In manette Vincenzo Giglio, presidente di Corte di Assise, accusato di corruzione e di aver favorito il clan Lampada, e il consigliere Pdl della Calabria Francesco Morelli. Indagato il magistrato Giusti che al telefono dice: "Io dovevo fare il mafioso"

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Maxi operazione contro la ‘ndrangheta. Un’inchiesta condotta in sinergia dalla dda di Milano e di Reggio Calabria ha portato all’arresto di politici, avvocati e giudici. Dieci le persone finite in manette. Tra queste anche il giudice del Tribunale di Reggio Calabria e presidente di Corte d'Assise Vincenzo Giglio e il consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli (Pdl). I provvedimenti sono stati firmati dal gip Giuseppe Gennari. L'inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini e dai Pm Paolo Storari e Alessandra Dolci e riguarda in particolare la prosecuzione dell'indagine sul clan Valle-Lampada.

In manette il giudice Vincenzo Giglio - Presidente della prima sezione della Corte d'Assise di Reggio Calabria e docente di diritto penale, Giglio è accusato di reato di corruzione, favoreggiamento, rivelazione del segreto d'ufficio con l'aggravante di aver agevolato le attività della 'ndrangheta. Secondo l'accusa Giglio avrebbe favorito la criminalità organizzata in quanto presidente della sezione del Tribunale reggino che si occupa di misure di prevenzione.
Giglio ha 51 anni ed è in magistratura da 25 anni. E' esponente della corrente di Magistratura Democratica. In qualità di presidente della sezione misure di prevenzione, ha emesso numerosi provvedimenti di sequestro nei confronti di affiliati alle cosche della 'ndrangheta tra cui quelli per 330 milioni di euro al re dei videopoker Gioacchino Campolo e di 190 milioni di euro alla cosca Pesce, tra cui due squadre di calcio.
Giglio sarebbe stato corrotto grazie a una 'spinta' alla carriera della moglie, Alessandra Sarlo, dirigente della Provincia e commissario straordinario della Asl di Vibo Valentia, poi messa sotto inchiesta per mafia.

Arrestato il consigliere regionale Morelli - Tra gli arrestati anche Francesco Morelli (Pdl), consigliere regionale della Calabria. Secondo l'accusa rappresenterebbe l'anello di collegamento tra i clan e gli ambienti politici nazionali.
Morelli è stato eletto nel Consiglio regionale della Calabria, nella circoscrizione di Cosenza, per il Pdl, con 13.671 preferenze. E' Presidente della II Commissione, che si occupa di "Bilancio, programmazione economica ed attività produttive". E' stato anche Presidente della Commissione speciale di vigilanza, vicepresidente della Commissione "Affari istituzionali e affari generali" e membro degli Istituti regionali ricerca e aggiornamenti educativi presso il Ministero della Pubblica Istruzione. "Fateci leggere le carte. Dateci la possibilità di leggere qualcosa. Ancora non abbiamo nessuna notizia" ha commentato il presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti.

"Le iniziative anti-mafia fanno fico" - Tra le carte dell'inchiesta su Morelli anche un'intercettazione dalla quale emerge che fare iniziative in solidarietà ai magistrati impegnati nella lotta alla mafia era considerato da Morelli conveniente perché "fanno fico", danno visibilità. L'intercettazione risale al maggio 2010 quando sulla posta elettronica di Morelli arriva una e mail inviata da Vincenzo Giglio relativa ad una bozza di mozione da fare al Consiglio regionale sulla  solidarietà da dare ai magistrati dopo l'invio di un proiettile a  Giuseppe Pignatone. Il giudice si preoccupa di mandare al politico una bozza di mozione con tanto di premessa: "Caro Franco, ligio al dovere  e sebbene ancora in preda ai fumi dell'alcol tracannato in grandi quantita' nel relax eoliano, ti invio il contributo che mi hai chiesto".

Altri arresti - In manette anche un avvocato di Palmi con studi a Milano e a Como, Vincenzo Minasi (concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreto d'ufficio, intestazione fittizia di beni, aggravato dalla finalità di favorire l'associzione mafiosa);  il maresciallo capo della Guardia di Finanza Luigi Mongelli (corruzione); Raffaele Ferminio
(associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni); Francesco Lampada (attualmente detenuto per associazione mafiosa, concorso in usura e intestazione fittizia di beni); Leonardo Valle (associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni). Ai domiciliari è stata messa Maria Valle, moglie di Lampada (corruzione)

L'intercettazione: "Io dovevo fare il mafioso, non il giudice" - Indagato, per corruzione in atti giudiziari, anche Giancarlo Giusti, giudice in servizio presso il Tribunale di Palmi. Giusti sarebbe stato corrotto con viaggi e soggiorni nel capoluogo lombardo pagati dagli affiliati all'associazione a delinquere. Al magistrato sarebbe stata assicurata anche la compagnia di una ventina di escort. I pm stanno cercando di capire cosa avrebbe dato in cambio al boss Giulio Giuseppe Lampada. "Non hai capito chi sono io - dice in un'intercettazione proprio col boss - sono una tomba, peggio di ... ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice".

Le mani sul Vaticano - Per il gip Giuseppe Gennari le mani della famiglia mafiosa "arrivano anche in Vaticano" dove Giulio Lampada, "otterrà di battezzare suo figlio". Il 9 novembre 2009, riporta il gip, Lampada al telefono informa l’avvocato Minasi "che il giorno precedente è stato nominato Cavaliere di San Silvestro dal Vaticano, con nomina del monsignore Tarcisio Bertone". "Ora in tutte le diocesi che mi ritrovo in Italia sono eccellenza... Mi devono chiamare eccellenza..." dice Lampada nell'intercettazione.

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