L'ex banchiere è stato condannato in primo grado nell'ambito del processo nato da una costola dell'inchiesta sul crac Parmalat del 2003. Tre anni e 7 mesi all'ex ad di Capitalia Matteo Arpe
Il Tribunale di Parma ha condannato l'ex presidente di Generali e di Capitalia Cesare Geronzi a 5 anni nell'ambito del processo Ciappazzi, una tranche del procedimento principale sul crack Parmalat, sull'omonima azienda di acque minerali che l'ex-patron di Parmalat Calisto Tanzi acquistò dal gruppo Ciarrapico nel 2002.
I giudici inoltre hanno condannato a 3 anni e 7 mesi l'ex ad di Capitalia Matteo Arpe, nell'ambito dello stesso processo di primo grado.
Geronzi era accusato di bancarotta fraudolenta e di usura aggravata mentre per Arpe l'accusa era di bancarotta fraudolenta.
Lo scorso luglio, il pm di Parma Vincenzo Picciotti aveva chiesto una condanna a sette anni per Geronzi e a due anni e sei mesi per Matteo Arpe.
Il giudice Pasquale Pantalone, che ha presieduto il collegio giudicante, ha condannato tra gli altri Alberto Giordano, vicepresidente di Banca di Roma all'epoca dei fatti, a 4 anni; Roberto Monza, all'epoca dei fatti direttore centrale dell'Istituto Banca di Roma, a 3 anni e Riccardo Tristano, ex componente del cda di Fineco Group, a 3 anni e 4 mesi. Inoltre Eugenio Favale, all'epoca dei fatti dirigente Area Grandi Clienti di Banca di Roma, è stato condannato a 3 anni e 3 mesi; Luigi Giove, all'epoca dei fatti responsabile recupero crediti di Mediocredito Centrale, a 3 anni e Antonio Muto, ex
dirigente Area Funzione Crediti Fineco Group a 3 anni e 3 mesi.
Tutti inoltre sono stati interdetti per 10 anni dall'esercizio di impresa e per 5 anni dai pubblici uffici. Nel procedimento Ciappazzi, la procura di Parma sostiene che l'acquisto da parte del gruppo di Collecchio della società in gravi difficoltà economiche avvenne per effetto delle pressioni esercitate da Geronzi, all'epoca dei fatti numero uno di Banca di Roma poi Capitalia, che ha sempre respinto le accuse.
In sintesi, secondo la procura Geronzi (creditore con Banca di Roma del gruppo decotto Ciappazzi) avrebbe "costretto" Tanzi a rilevare l'azienda, condizionando a questa operazione la concessione di finanziamenti alle società del gruppo Parmalat.
A luglio, Geronzi è stato condannato dal Tribunale di Roma a quattro anni per il crac della Cirio.
I giudici inoltre hanno condannato a 3 anni e 7 mesi l'ex ad di Capitalia Matteo Arpe, nell'ambito dello stesso processo di primo grado.
Geronzi era accusato di bancarotta fraudolenta e di usura aggravata mentre per Arpe l'accusa era di bancarotta fraudolenta.
Lo scorso luglio, il pm di Parma Vincenzo Picciotti aveva chiesto una condanna a sette anni per Geronzi e a due anni e sei mesi per Matteo Arpe.
Il giudice Pasquale Pantalone, che ha presieduto il collegio giudicante, ha condannato tra gli altri Alberto Giordano, vicepresidente di Banca di Roma all'epoca dei fatti, a 4 anni; Roberto Monza, all'epoca dei fatti direttore centrale dell'Istituto Banca di Roma, a 3 anni e Riccardo Tristano, ex componente del cda di Fineco Group, a 3 anni e 4 mesi. Inoltre Eugenio Favale, all'epoca dei fatti dirigente Area Grandi Clienti di Banca di Roma, è stato condannato a 3 anni e 3 mesi; Luigi Giove, all'epoca dei fatti responsabile recupero crediti di Mediocredito Centrale, a 3 anni e Antonio Muto, ex
dirigente Area Funzione Crediti Fineco Group a 3 anni e 3 mesi.
Tutti inoltre sono stati interdetti per 10 anni dall'esercizio di impresa e per 5 anni dai pubblici uffici. Nel procedimento Ciappazzi, la procura di Parma sostiene che l'acquisto da parte del gruppo di Collecchio della società in gravi difficoltà economiche avvenne per effetto delle pressioni esercitate da Geronzi, all'epoca dei fatti numero uno di Banca di Roma poi Capitalia, che ha sempre respinto le accuse.
In sintesi, secondo la procura Geronzi (creditore con Banca di Roma del gruppo decotto Ciappazzi) avrebbe "costretto" Tanzi a rilevare l'azienda, condizionando a questa operazione la concessione di finanziamenti alle società del gruppo Parmalat.
A luglio, Geronzi è stato condannato dal Tribunale di Roma a quattro anni per il crac della Cirio.