Carceri, se il buio non nasce solo da una lampada fulminata

Cronaca
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Disagi, vicissitudini e relazioni complicate: un'antologia pubblicata da Le Lettere ("Alice nel Paese delle domandine") racconta la quotidianità del penitenziario di Sollicciano attraverso le testimonianze dirette delle detenute. Leggine un estratto

a cura di Monica Sarsini

Alice

Con il discorsetto che c’è crisi e non ci sono fondi a Sollicciano si naviga a vista, anzi, nemmeno quello, dato che tra tutti i tagli e le carenze (struttura, scuole, corsi) la situazione più assurda riguarda le lampadine che non ci sono da mesi, che ne è arrivate una mandata-pacco, sicuramente cinesi, che si sono fulminate in un paio di settimane, dopo di che ce ne hanno date di nuove ma tempo poche settimane siamo punto e a capo e non si trova una lampadina funzionante neppure negli uffici degli agenti.
Nella cella dove sto adesso, cioè la 18 della sezione penale, siamo completamente al buio, e infatti sto scrivendo un po’ con l’illuminazione della televisione un po’ con il senso dell’orientamento.
L’ultima lampadina sopravvissuta, delle tre che normalmente farebbero parte della fornitura minima indispensabile, ha fatto il giro delle plafoniere a seconda della necessità: sul mio letto di norma, perché nell’angoletto più lontano ma più vicino all’unico tavolo da pranzo, da cena, da gioco, da scrittura e da fumo; se poi dovevamo cucinare bisognava spostarla sopra al ripiano dove teniamo fornellino e utensili da cucina; nel malaugurato caso invece servisse il bagno dopo il tramonto e sciaguratamente dovevi proprio chiudere la porta senza poter approfittare della luce della tele, in quel caso salivi sul panchetto, avvitavi l’eroica lampadina alla plafoniera sopra al lavandino e, una volta fatto il necessario, risvitavi la lampadina e la mettevi al suo posto.

Tutto questo lusso fino alla scorsa settimana, poi abbiamo iniziato a scorgere preoccupanti cali di tensione e ci siamo dette “la stiamo perdendo”, dopo poco si è spenta per non riaccendersi mai più. In ogni cella c’è comunque un neon al soffitto, che di notte ne rimane acceso un angoletto di un viola psichedelico, ed è appunto la notturna, solo che pure qui ci sono dei problemi perché non viene mai spento e nel caso una persona sia impossibilitata a prendere sonno con delle luci intorno…, nel caso questa persona sia abbarbicata nella parte superiore di un letto a castello, e quindi con il neon proprio sparato in faccia…, nel caso la mia concellina sia quell’asociale, viziatella di Raperonzolo, con gli occhini smarriti, la lunghissima treccia nera e la paranoia delle varie luci, il problema va risolto con le risorse a disposizione, tipo tenere il blindo chiuso per evitare le luci dei corridoi; tende alla porta finestra e spessi giornali di carta appiccicati al neon; e così è risolto il problema della notte, un po’ meno quello di poter leggere, scrivere o anche limarsi le unghie quando tutto è buio pesto, dove già scende spesso l’ombra sul cuore e sulla mente.

I rimedi sono pochi e cioè che Raperonzolo dall’alto del castello stacchi un pezzo di giornale per poi riattaccarlo quando dobbiamo dormire, mentre riguardo al bagno c’è la luce della radiolina, ma è una manovra difficilissima perché per mantenerla accesa con una mano la devi tenere pigiata e dovresti fare tutto con una mano sola, e come fai a lavare il viso o i denti?
Poi il bidet non c’è e l’acqua calda è un’utopia così dobbiamo risolvere con delle bottiglie di acqua tenute tutto il giorno sul termosifone, quindi tralascio i dettagli tecnici. Per tornare alle lampadine la risposta ufficiale dell’Amministrazione è che quelle a incandescenza sono fuorilegge (capirai! fosse tutto a norma…), per comprare quelle a risparmio energetico ci vogliono soldi e perciò, nell’immediato, cazzi nostri.

Come dice Raperonzolo “fatti la galera e stai zitto”, e se lo dice lei siamo proprio a posto, ma d’altronde parla un po’ per proverbi e frasi fatte che sembra mio nonno, tipo “al peggio non c’è mai fine e la fine è sempre peggio”; “non può piovere per sempre”; “accidenti a chi ci ha mescolati”, quest’ultima perla di saggezza perché essere di destra fa tanto figo con quegli slogan a effetto, e intanto è detenuta e gli agenti sono sbirri, è più tossica di me e soprattutto non paga le scommesse!
Ma si può convivere 24 ore con qualcuno che se perde a carte dopo si rifiuta di chiamare “Bruno” dal terrazzino? Io le dico che è scorbutica e lei mi corregge “introversa”, però mi porta il caffè a letto dato che si sveglia per prima; prepara delle crèpes con la Nutella e la zuppa inglese da Dio; e poi disegna benissimo e scrive poesie zuccherose perciò, va beh, dai, le dirò che è introversa; e poi uno scoop: per San Valentino ha elaborato una roba tutta cuoricini ritagliati dalla carta dei Mon Cheri (che ci siamo fatte fuori tanto per ricordare un vago sapore alcolico) e poi incollati su una poesia per il suo amore. Naturalmente su Raperonzolo ho esagerato, come sempre, ci scherzo su perché ha un gran senso dell’umorismo ed è una dote che apprezzo moltissimo; e poi se la Raperonzolo della fiaba si calava dalla torre grazie alla treccia, con la mia Raperonzolo non si sa mai si potesse tentare un’evasione.
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Tratto da Alice nel paese dele domandine, a cura di Monica Sarsini, pp. 228, euro 16,50

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