La procura di Teramo smentisce di aver richiesto il test del Dna per Ludovica Perrone, la 27enne legata sentimentalmente al marito di Melania, Davide Parolisi
Guarda anche:
I protagonisti e i luoghi del giallo: LE FOTO
(in fondo all'articolo tutti i video sul caso)
La Procura di Teramo smentisce la notizia riportata dal quotidiano Il Centro di aver richiesto l'esame del Dna per Ludovica Perrone, la 27enne di Sabaudia legata sentimentalmente, almeno fino al giorno del delitto, al caporal maggiore dell'Esercito Salvatore Parolisi accusato, unico indagato, dell'omicidio della moglie Melania Rea.
L'ex recluta della caserma Clementi di Ascoli, infatti, ha un alibi di ferro per il giorno in cui Melania è stata uccisa.
L'esistenza di una "firma" femminile sul delitto di Melania Rea è sempre stata la teoria avanzata dalla difesa di Salvatore Parolisi, che punta proprio sulla presenza di tracce di Dna femminile sul corpo della vittima.
Particolare questo che già il gip di Teramo, Giovanni Cirillo, ha "cassato" ritenendolo non esclusivo: "La 'pista' della donna, che avrebbe partecipato all'aggressione, ipotizzata dalla difesa, è priva di ogni fondamento", scrive il giudice a pagina 63 della sua ordinanza di custodia cautelare. Secondo Cirillo, i profili genetici misti individuati sul corpo della mamma 29enne di Somma Vesuviana, in particolare sotto l'unghia dell'anulare della mano sinistra, sono estremamente parziali, con pochi alleli in più rispetto al profilo prevalente della vittima, compatibili con una semplice stretta di mano magari avvenuta in condizioni di sudorazione.
A Parolisi, intanto in carcere a Teramo, è stata data la possibilità di parlare una volta alla settimana con la figlioletta, che attualmente vive con i nonni materni a Somma Vesuviana.
I protagonisti e i luoghi del giallo: LE FOTO
(in fondo all'articolo tutti i video sul caso)
La Procura di Teramo smentisce la notizia riportata dal quotidiano Il Centro di aver richiesto l'esame del Dna per Ludovica Perrone, la 27enne di Sabaudia legata sentimentalmente, almeno fino al giorno del delitto, al caporal maggiore dell'Esercito Salvatore Parolisi accusato, unico indagato, dell'omicidio della moglie Melania Rea.
L'ex recluta della caserma Clementi di Ascoli, infatti, ha un alibi di ferro per il giorno in cui Melania è stata uccisa.
L'esistenza di una "firma" femminile sul delitto di Melania Rea è sempre stata la teoria avanzata dalla difesa di Salvatore Parolisi, che punta proprio sulla presenza di tracce di Dna femminile sul corpo della vittima.
Particolare questo che già il gip di Teramo, Giovanni Cirillo, ha "cassato" ritenendolo non esclusivo: "La 'pista' della donna, che avrebbe partecipato all'aggressione, ipotizzata dalla difesa, è priva di ogni fondamento", scrive il giudice a pagina 63 della sua ordinanza di custodia cautelare. Secondo Cirillo, i profili genetici misti individuati sul corpo della mamma 29enne di Somma Vesuviana, in particolare sotto l'unghia dell'anulare della mano sinistra, sono estremamente parziali, con pochi alleli in più rispetto al profilo prevalente della vittima, compatibili con una semplice stretta di mano magari avvenuta in condizioni di sudorazione.
A Parolisi, intanto in carcere a Teramo, è stata data la possibilità di parlare una volta alla settimana con la figlioletta, che attualmente vive con i nonni materni a Somma Vesuviana.