L’inchiesta, partita nel 2007, coinvolge anche alcuni imprenditori agricoli locali che “incaricavano” gli intermediari di manodopera di procurare lavoratori a basso costo e in nero. Ad essere sfruttati operai e donne provenienti dall'est Europa
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LAVORO NERO: Leggi il reportage di Sky.it
Noi donne dannate nei campi. Vittime di caporali
Sono 17 le persone destinatarie di misure cautelari emesse dal gip del Tribunale di Taranto Pio Guarna su richiesta del sostituto procuratore Ennrico Bruschi. Sono accusate a vario titolo di associazione per delinquere, estorsione aggravata, truffa aggravata ai danni dell'INPS, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione ed esercizio non autorizzato di attività di somministrazione di lavoro nell'ambito dell'operazione Dacia nella zona occidentale del tarantino.
L'indagine era stata avviata alla fine del 2007 quando i carabinieri della Stazione di Ginosa Marina hanno monitorato alcuni lavoratori provenienti in prevalenza dall'est europeo individuando tre gruppi che avevano il compito di spartirsi la richiesta di manodopera di una ventina di aziende agricole tra Ginosa, Palagianello, Castellaneta e Massafra. Secondo l'accusa l'attività di caporalato avrebbe consentito un giro d'affari di circa 500mila euro al mese con paghe che andavano dai 27 ai 30 euro per otto ore di lavoro (leggi il reportage di Sky.it) ovviamente senza prestazioni assistenziali, previdenziali ed infortunistiche visto che non c'era la formale assunzione.
Nei confronti di 3 dei 17 arrestati pesa l'accusa di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Infatti oltre a favorire la prostituzione delle donne, tutte dell'est, procacciando i clienti e promuovendo incontri sessuali, gli stessi riscuotevano giornalmente l'incasso delle donne e ne garantivano la "protezione". Costoro sono inoltre indagati per tentata truffa ai danni dell'INPS per aver tentato di percepire prestazioni previdenziali correlate ad un ricovero per malattia e ad una indennità di disoccupazione. Nel corso dell'inchiesta sono state accertate responsabilità di alcuni imprenditori agricoli del luogo che, incaricando direttamente i "caporali", richiedevano loro l'invio di manodopera sottopagata e sfruttata con l'impiego in lunghi ed faticosi lavori agricoli (la loro posizione è al vaglio della magistratura inquirente che sta procedendo nei loro confronti per il reato di truffa).
Gli operai romeni coinvolti hanno inoltre dichiarato di essere stati in continua "sudditanza psicologica": la necessità di lavorare per guadagnare denaro da inviare anche alle famiglie residenti nel paese di origine li portava ad accettare qualunque imposizione circa gli orari di lavoro, la retribuzione sottocosto e, talvolta, anche "prestazioni sessuali”.
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