Via Poma, Simonetta "aprì la porta al suo assassino"
CronacaDepositate le motivazioni della sentenza di colpevolezza per Raniero Busco, condannato in primo grado a 24 anni. La vittima era una "ragazza pulita che si sentiva sporcata proprio dal rapporto con il fidanzato, dal quale non riusciva a liberarsi"
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Un alibi inesistente, l'indole è quella di un uomo violento. Poi c'è Simonetta Cesaroni che apre la porta a qualcuno che conosce bene, con il quale è pronta ad avere un rapporto sessuale. Un quadro indiziario che riconduce a Raniero Busco, ex fidanzato della Cesaroni, ritenuto dai giudici della III Corte d'Assise di Roma responsabile dell'omicidio di via Poma.
Per quel delitto l'uomo deve scontare una condanna a 24 anni. Nelle motivazioni, un documento di 139 pagine, i giudici ricostruiscono gli elementi che hanno portato alla sentenza di primo grado. "E' certo che la ragazza ebbe ad aprire ad una persona che conosceva - è scritto - e con la quale si stava accingendo ad avere un rapporto sessuale pienamente consenziente tanto che si era regolarmente spogliata. Questa persona non poteva che essere Raniero Busco (che al momento è libero in attesa del processo d'appello previsto per l'autunno prossimo, ndr) dal momento che non si era rinvenuta traccia di altre possibili storie con altri uomini".
Nelle pagine depositate in cancelleria a Rebibbia, la Corte ripercorre la dinamica di quel drammatico pomeriggio d'agosto del 1990. "Durante i preliminari di un approccio sessuale consenziente - scrivono - la ragazza, ad un certo punto, per motivi riconducibili allo stato di tensione esistente tra i due, inaspettatamente si è rifiutata di proseguire il rapporto. Il rifiuto probabilmente accompagnato da parole sferzanti ha indotto l'assassino, come reazione a infliggerle un terribile morso al capezzolo". Per i giudici "la reazione della giovane anche solo verbale, a tale gesto, ha provocato l'ulteriore incremento della spinta aggressiva per cui il Busco l'ha dapprima atterrata e tramortita con un potente schiaffone all'emivolto e poi, scatenatasi ormai la violenza, colto da un'irrefrenabile furia omicida, le ha inferto 29 coltellate".
Nelle motivazioni si parla di "piena responsabilità" di Busco, a cominciare dalla "presenza del suo dna sul corpetto e sul reggiseno, in misura maggiore in corrispondenza del capezzolo sinistro della vittima e assenza di tracce genetiche di altre persone tranne che della vittima; contestualità tra il morso al capezzolo sinistro e l'azione omicidiaria; appartenenza al Busco dell'impronta del morso".
I giudici smontano anche gli alibi dell'ex fidanzato di Simonetta affermando che "non solo Busco ha contribuito alla preordinazione dei proprio falsi alibi ma in precedenza aveva cercato di indirizzare i sospetti contro alcuni suoi amici della comitiva Bar Portici" e in particolare dell'amico Simone Palombi.
Nel provvedimento della III Corte viene citata anche la vicenda di Pietrino Vanacore, ex portiere dello stabile di via Poma e morto suicida nel marzo del 2010. Per i giudici è "plausibile" con una "coerenza interna" la ricostruzione fatta dalla Procura in merito al ruolo che avrebbe avuto Vanacore nelle ore successive al delitto.
Una ricostruzione, però, che, secondo quanto si legge nelle motivazioni, "non può ritenersi pienamente provata" in quanto "sfornita di prova certa". Comunque, "la Corte pur esprimendo profondo rammarico per la triste vicenda umana del Vanacore non ritiene che la sua prematura scomparsa abbia posto fine a possibili sviluppi delle indagini e questo perché‚ appunto nel presente procedimento è stata accertata con pienezza probatoria la responsabilità del Busco".
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Per quel delitto l'uomo deve scontare una condanna a 24 anni. Nelle motivazioni, un documento di 139 pagine, i giudici ricostruiscono gli elementi che hanno portato alla sentenza di primo grado. "E' certo che la ragazza ebbe ad aprire ad una persona che conosceva - è scritto - e con la quale si stava accingendo ad avere un rapporto sessuale pienamente consenziente tanto che si era regolarmente spogliata. Questa persona non poteva che essere Raniero Busco (che al momento è libero in attesa del processo d'appello previsto per l'autunno prossimo, ndr) dal momento che non si era rinvenuta traccia di altre possibili storie con altri uomini".
Nelle pagine depositate in cancelleria a Rebibbia, la Corte ripercorre la dinamica di quel drammatico pomeriggio d'agosto del 1990. "Durante i preliminari di un approccio sessuale consenziente - scrivono - la ragazza, ad un certo punto, per motivi riconducibili allo stato di tensione esistente tra i due, inaspettatamente si è rifiutata di proseguire il rapporto. Il rifiuto probabilmente accompagnato da parole sferzanti ha indotto l'assassino, come reazione a infliggerle un terribile morso al capezzolo". Per i giudici "la reazione della giovane anche solo verbale, a tale gesto, ha provocato l'ulteriore incremento della spinta aggressiva per cui il Busco l'ha dapprima atterrata e tramortita con un potente schiaffone all'emivolto e poi, scatenatasi ormai la violenza, colto da un'irrefrenabile furia omicida, le ha inferto 29 coltellate".
Nelle motivazioni si parla di "piena responsabilità" di Busco, a cominciare dalla "presenza del suo dna sul corpetto e sul reggiseno, in misura maggiore in corrispondenza del capezzolo sinistro della vittima e assenza di tracce genetiche di altre persone tranne che della vittima; contestualità tra il morso al capezzolo sinistro e l'azione omicidiaria; appartenenza al Busco dell'impronta del morso".
I giudici smontano anche gli alibi dell'ex fidanzato di Simonetta affermando che "non solo Busco ha contribuito alla preordinazione dei proprio falsi alibi ma in precedenza aveva cercato di indirizzare i sospetti contro alcuni suoi amici della comitiva Bar Portici" e in particolare dell'amico Simone Palombi.
Nel provvedimento della III Corte viene citata anche la vicenda di Pietrino Vanacore, ex portiere dello stabile di via Poma e morto suicida nel marzo del 2010. Per i giudici è "plausibile" con una "coerenza interna" la ricostruzione fatta dalla Procura in merito al ruolo che avrebbe avuto Vanacore nelle ore successive al delitto.
Una ricostruzione, però, che, secondo quanto si legge nelle motivazioni, "non può ritenersi pienamente provata" in quanto "sfornita di prova certa". Comunque, "la Corte pur esprimendo profondo rammarico per la triste vicenda umana del Vanacore non ritiene che la sua prematura scomparsa abbia posto fine a possibili sviluppi delle indagini e questo perché‚ appunto nel presente procedimento è stata accertata con pienezza probatoria la responsabilità del Busco".
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