Brindisi, operai del fotovoltaico a 2 euro l'ora

Cronaca
I dipendenti della Tecnova scesi in piazza a Brindisi per rivendicare il pagamento degli stipendi
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Un'azienda italo-spagnola che installa pannelli solari sfruttava immigrati clandestini per ottenere i contributi previsti per le energie rinnovabili. Gli stranieri schiavizzati lavoravano 12 ore al giorno per una paga da fame. Arrestate 15 persone. VIDEO

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di Cristina Bassi

Una nuova Rosarno, con immigrati clandestini ridotti a schiavi e sfruttatori disposti a tutto pur di ottenere il massimo guadagno. Dietro, il business dell’energia pulita diventato un affare sporco. A Brindisi, invece che nei campi di pomodori o di arance, gli stranieri venivano impiegati nel settore del fotovoltaico, per installare chilometri di pannelli in silicio. Ma le condizioni di lavoro erano le stesse dei braccianti agricoli: turni massacranti, paga da fame, minaccia costante di licenziamento in caso di infortunio, malattia, lamentele. La Guardia di finanza di Brindisi e la Squadra mobile di Lecce hanno arrestato, su ordinanza della Direzione distrettuale antimafia di Lecce e della procura di Brindisi, 15 persone tra amministratori, soci e capicantiere della Tecnova Italia srl. La società, costituita nell’estate del 2010, realizzava impianti per l’energia solare nelle campagne salentine per conto di altre aziende, in subappalto. Tra le persone arrestate ci sono sia italiani, sia stranieri. I responsabili della società infatti sono spagnoli, ma alcuni consulenti e responsabili dei lavori sono brindisini.

Gli arresti (qui tutti i nomi dei fermati, sei di loro sono ancora ricercati) sono solo l’ultimo aggiornamento di una vicenda che in Salento va avanti da mesi. Le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione e mantenimento in schiavitù, estorsione, favoreggiamento della condizione di clandestinità di cittadini extracomunitari e truffa ai danni dello Stato. Sarebbero infatti stati evasi contributi previdenziali e assistenziali per 275 mila euro. La Tecnova, ora sotto sequestro, aveva 800 dipendenti, per lo più operai stranieri, molti dei quali senza permesso di soggiorno ma tutti con estrema necessità di un impiego. Sono soprattutto cittadini sudanesi, kenioti, etiopi, senegalesi e pakistani. Lavoravano nei 17 impianti tra Brindisi e Lecce in condizioni estreme, sotto la pioggia o il sole cocente, senza alcuna misura di sicurezza. I turni erano anche di 12-15 ore al giorno, festivi compresi, per uno stipendio che andava dai 200 ai 400 euro al mese. La retribuzione oraria quindi non superava i 2 euro, anche se falsi contratti e false buste paga attestavano cifre diverse.
Il comandante delle Fiamme gialle, Vincenzo Mangia, ha riferito un episodio in particolare come esempio, riportato da Brindisireport: “Per lavorare nei campi allagati dalla pioggia arriva per gli operai una fornitura di stivali. Ma sono tutti numero 42 e 43. Alla richiesta dei lavoratori di avere stivali con numeri più grandi, i responsabili di Tecnova fanno tagliare direttamente la punta e li danno ai dipendenti”.

Da dicembre gli operai non venivano neppure pagati. Centinaia di loro sono scesi in piazza a marzo a Brindisi, davanti alla sede della Tecnova, per rivendicare i propri diritti. In prima fila quelli che hanno documenti regolari, disperati per non riuscire più a pagare affitti e bollette e per le difficoltà nel dar da magiare ai propri figli. Alcuni hanno anche presentato denuncia alle forze dell’ordine. L’azienda specializzata in fonti rinnovabili puntava ai milioni di euro di incentivi concessi per legge dal Gestore unico per i servizi elettrici a chi avesse terminato gli impianti fotovoltaici entro il 31 dicembre 2010. Motivo per cui gli operai erano costretti a turni insostenibili. L’obiettivo però non è stato raggiunto e per ricevere comunque i contributi la documentazione è stata falsificata. La Tecnova lavorava in Puglia per conto di altre aziende, anche italiane, ed è l’ultimo anello di una lunga catena di società. La proprietà degli impianti salentini sarebbe infatti di Italgest Photovoltaic, Osiride Solar e della multinazionale cinese Global solar Fund (Gsf), che dopo il blitz di Brindisi ha diffuso una nota stampa, in cui spiega di essere parte lesa e di essere pronta a risarcire i lavoratori danneggiati.

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