La corte d'assise di Roma ha assolto l'uomo, compagno di Diana Blefari Melazzi, morta suicida in carcere mentre scontava l'ergastolo per la morte di Marco Biagi. Gli amici: "L’unica colpa è quella di essere rimasto vicino ad un'amica”
Massimo Papini non ha nulla a che vedere con le nuove Br. Lo ha deciso la prima corte d'assise di Roma che lo ha assolto, per non aver commesso il fatto, dall'accusa di aver partecipato all'associazione eversiva costituita in banda armata e denominata "Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente".
Papini, 36 anni, attrezzista nel cinema, era in carcere dal primo ottobre del 2009. La corte, presieduta da Anna Argento, ne ha ordinato l'immediata liberazione. La sentenza, accolta con giubilo e commozione da decine di persone (amici e parenti di Papini) che hanno seguito il processo senza mai perdere un'udienza per manifestare vicinanza e solidarietà all'imputato, ha avuto l'effetto di una doccia gelata per la procura.
I pm Erminio Amelio e Luca Tescaroli avevano impiegato ben 14 ore di requisitoria per cercare di convincere togati e giudici popolari che Massimo Papini fosse legato alle brigate rosse in virtù del suo rapporto (prima sentimentale e poi ideologico) con la militante Diana Blefari Melazzi, suicida in carcere (dove scontava l'ergastolo per la morte di Marco Biagi) la sera del 31 ottobre del 2009.
Per l'accusa, che aveva chiesto alla fine una condanna a sei anni di reclusione, Papini avrebbe ricevuto dalla Blefari Melazzi "materiale d'organizzazione criptato con password" in uso alla stessa brigatista e ad altri tre elementi del gruppo, avrebbe tenuto con lei "rapporti riservati secondo modalità tipiche degli associati anche mediante l'utilizzo di almeno 8 schede dedicate di telefonia prepagata", ed "espletato attività di propaganda e di supporto all'organizzazione".
Una tesi smentita con fermezza dagli avvocati della difesa, Francesco Romeo e Caterina Calia secondo cui Papini non ha fatto assolutamente nulla per le Br, pagando in prima persona il suo rapporto personale con Blefari Melazzi nato ai tempi dell'Università. Per gli amici di Papini, costituitisi subito in un Comitato per la libertà all'indomani del suo arresto, "Massimo è una persona generosa che ha scelto, con trasparenza e coraggio, di stare accanto a Diana nel momento di isolamento e di grande difficoltà. In questo Paese - dichiararono in una conferenza stampa alla vigilia del processo - si può essere arrestati anche avendo come unica colpa quella di essere rimasti umanamente vicini ad un'amica condannata per reati politici".
Papini, 36 anni, attrezzista nel cinema, era in carcere dal primo ottobre del 2009. La corte, presieduta da Anna Argento, ne ha ordinato l'immediata liberazione. La sentenza, accolta con giubilo e commozione da decine di persone (amici e parenti di Papini) che hanno seguito il processo senza mai perdere un'udienza per manifestare vicinanza e solidarietà all'imputato, ha avuto l'effetto di una doccia gelata per la procura.
I pm Erminio Amelio e Luca Tescaroli avevano impiegato ben 14 ore di requisitoria per cercare di convincere togati e giudici popolari che Massimo Papini fosse legato alle brigate rosse in virtù del suo rapporto (prima sentimentale e poi ideologico) con la militante Diana Blefari Melazzi, suicida in carcere (dove scontava l'ergastolo per la morte di Marco Biagi) la sera del 31 ottobre del 2009.
Per l'accusa, che aveva chiesto alla fine una condanna a sei anni di reclusione, Papini avrebbe ricevuto dalla Blefari Melazzi "materiale d'organizzazione criptato con password" in uso alla stessa brigatista e ad altri tre elementi del gruppo, avrebbe tenuto con lei "rapporti riservati secondo modalità tipiche degli associati anche mediante l'utilizzo di almeno 8 schede dedicate di telefonia prepagata", ed "espletato attività di propaganda e di supporto all'organizzazione".
Una tesi smentita con fermezza dagli avvocati della difesa, Francesco Romeo e Caterina Calia secondo cui Papini non ha fatto assolutamente nulla per le Br, pagando in prima persona il suo rapporto personale con Blefari Melazzi nato ai tempi dell'Università. Per gli amici di Papini, costituitisi subito in un Comitato per la libertà all'indomani del suo arresto, "Massimo è una persona generosa che ha scelto, con trasparenza e coraggio, di stare accanto a Diana nel momento di isolamento e di grande difficoltà. In questo Paese - dichiararono in una conferenza stampa alla vigilia del processo - si può essere arrestati anche avendo come unica colpa quella di essere rimasti umanamente vicini ad un'amica condannata per reati politici".