Lucia Rizzo aveva detto di avere avuto tra i suoi clienti il presidente della Camera. L'accusa della Procura di Roma è diffamazione e concorso in tentata estorsione. L'iscrizione nel registro degli indagati è scattata dopo la querela del leader di Fli
Il caso di una escort di Reggio Emilia che sosterrebbe di avere avuto rapporti con Gianfranco Fini, ampiamente pubblicizzato su internet, sortisce il primo effetto: Lucia Rizzo, conosciuta come "Rachele", è finita nel registro degli indagati della procura di Roma per le ipotesi di reato di diffamazione e di concorso in tentata estorsione.
Un' iscrizione, quella fatta dal pm Maria Caterina Sgrò, che non è conseguenza solo della querela presentata all'inizio di gennaio dal presidente della Camera, ma anche di alcuni riscontri oggettivi.
E con "Rachele" è finito sotto inchiesta, solo per tentata estorsione, anche un uomo che avrebbe contattato la segreteria di Fini annunciando l'imminente diffusione di rivelazioni relative alle presunti frequentazioni del leader di Futuro e Libertà con la escort di Reggio Emilia e proponendosi di intervenire per evitarle.
Non è escluso che nei prossimi giorni i due indagati possano essere convocati a piazzale Clodio per dare la propria versione dei fatti. La querela presentata da Fini per il tramite degli avvocati Giuseppe Consolo e Francesco Compagna aveva preso spunto, rivelò il portavoce dell'attuale carica numero tre dello Stato, dall'"avvenuta pubblicazione su internet di notizie false ed infamanti riguardanti una donna di Reggio Emilia dai facili costumi".
In particolare, nell'atto depositato in Procura si sollecitava non solo l'identificazione dei responsabili e degli eventuali mandanti delle notizie, ma anche "l'esigenza di tutelare, ancor prima dell'onorabilita' personale dell'attuale Presidente della Camera, l'organo istituzionale dal medesimo rappresentato".
Per questo, aveva aggiunto il portavoce di Fini, il denunciante ipotizza, oltre al reato di diffamazione a mezzo stampa, quelli "assai più gravi di estorsione, di attentato ad un organo costituzionale e di cospirazione politica".
Un' iscrizione, quella fatta dal pm Maria Caterina Sgrò, che non è conseguenza solo della querela presentata all'inizio di gennaio dal presidente della Camera, ma anche di alcuni riscontri oggettivi.
E con "Rachele" è finito sotto inchiesta, solo per tentata estorsione, anche un uomo che avrebbe contattato la segreteria di Fini annunciando l'imminente diffusione di rivelazioni relative alle presunti frequentazioni del leader di Futuro e Libertà con la escort di Reggio Emilia e proponendosi di intervenire per evitarle.
Non è escluso che nei prossimi giorni i due indagati possano essere convocati a piazzale Clodio per dare la propria versione dei fatti. La querela presentata da Fini per il tramite degli avvocati Giuseppe Consolo e Francesco Compagna aveva preso spunto, rivelò il portavoce dell'attuale carica numero tre dello Stato, dall'"avvenuta pubblicazione su internet di notizie false ed infamanti riguardanti una donna di Reggio Emilia dai facili costumi".
In particolare, nell'atto depositato in Procura si sollecitava non solo l'identificazione dei responsabili e degli eventuali mandanti delle notizie, ma anche "l'esigenza di tutelare, ancor prima dell'onorabilita' personale dell'attuale Presidente della Camera, l'organo istituzionale dal medesimo rappresentato".
Per questo, aveva aggiunto il portavoce di Fini, il denunciante ipotizza, oltre al reato di diffamazione a mezzo stampa, quelli "assai più gravi di estorsione, di attentato ad un organo costituzionale e di cospirazione politica".