Nel processo per l'omicidio di Simonetta Cesaroni, uccisa con 29 coltellate il 7 agosto del 1990 in un ufficio a Roma, il pubblico ministero Ilaria Calò chiede per l'ex fidanzato della donna il massimo della pena: "Delitto con l'aggravante di crudeltà"
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Per la pubblica accusa a uccidere Simonetta Cesaroni, il 7 agosto 1990, negli uffici degli
Ostelli della gioventù di via Poma, è stato, senza ombra di dubbio, il suo ex fidanzato Raniero Busco.
"E' stata raggiunta con certezza - ha sottolineato il pm Ilaria Calò, al termine della requisitoria durata due udienze - la prova della responsabilità dell'imputato e sono escluse
tutte le ipotesi alternative che non possono spiegare i risultati scientifici sia logici che leciti". Per il pubblico ministero, Busco è colpevole di omicidio volontario con l'aggravante della crudeltà. Per uccidere Simonetta, infatti, sarebbero bastate solo tre ferite, quelle rilevate in sede autoptica al cuore, all'aorta e al polmone, mentre l'assassino si è accanito sul corpo con altre 26 coltellate inferte con un tagliacarte.
Ad incastrare Busco, secondo l'accusa, l'esito degli esami tecnici compiuti dal Ris di Parma. Le consulenze hanno accertato che le tracce di dna trovate sul corpetto indossato da Simonetta e altre sul reggiseno sono "compatibili con Busco al di là di ogni ragionevole dubbio". Anche le tracce ematiche prelevate dalla porta della stanza dove è stato rinvenuto il cadavere della ragazza sono compatibili con Busco. In questo caso si tratta di corrispondenza parziale con il dna prelevato dalla porta della stanza.
Il Ris di Parma ha accertato che il dna parziale di Busco è "l'unico corrispondente su 33.000
codici maschili analizzati compresi gli altri personaggi che in passato erano stati coinvolti nella inchiesta".
L'ultima prova ad incastrare Raniero Busco è, secondo il pm, la compatibilità del morso presente sul seno sinistro di Simonetta e l'arcata dentaria dell'ex fidanzato. "I nostri
consulenti - ha detto il pm Calò - hanno osservato la corrispondenza delle aree morfologiche in cui è stata suddivisa la traccia del morso sul seno con tre aree della
bocca dell'imputato".
Il delitto di via Poma ebbe negli anni una grandissima eco sui mezzi di informazione. Vennero coinvolti diversi sospetti senza mai però giungere ad un accertamento della verità giudiziaria fino a questo momento.
I sospetti caddero prima su un giovane che abitava nel palazzo, Federico Valle, e poi su Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile, entrambi poi scagionati.
Nel 2008 i pm romani avevano chiesto nuovi accertamenti su Busco, viste anche le nuove tecniche di indagine a disposizione.
Il processo è iniziato il 3 febbraio 2010.
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"E' stata raggiunta con certezza - ha sottolineato il pm Ilaria Calò, al termine della requisitoria durata due udienze - la prova della responsabilità dell'imputato e sono escluse
tutte le ipotesi alternative che non possono spiegare i risultati scientifici sia logici che leciti". Per il pubblico ministero, Busco è colpevole di omicidio volontario con l'aggravante della crudeltà. Per uccidere Simonetta, infatti, sarebbero bastate solo tre ferite, quelle rilevate in sede autoptica al cuore, all'aorta e al polmone, mentre l'assassino si è accanito sul corpo con altre 26 coltellate inferte con un tagliacarte.
Ad incastrare Busco, secondo l'accusa, l'esito degli esami tecnici compiuti dal Ris di Parma. Le consulenze hanno accertato che le tracce di dna trovate sul corpetto indossato da Simonetta e altre sul reggiseno sono "compatibili con Busco al di là di ogni ragionevole dubbio". Anche le tracce ematiche prelevate dalla porta della stanza dove è stato rinvenuto il cadavere della ragazza sono compatibili con Busco. In questo caso si tratta di corrispondenza parziale con il dna prelevato dalla porta della stanza.
Il Ris di Parma ha accertato che il dna parziale di Busco è "l'unico corrispondente su 33.000
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Il delitto di via Poma ebbe negli anni una grandissima eco sui mezzi di informazione. Vennero coinvolti diversi sospetti senza mai però giungere ad un accertamento della verità giudiziaria fino a questo momento.
I sospetti caddero prima su un giovane che abitava nel palazzo, Federico Valle, e poi su Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile, entrambi poi scagionati.
Nel 2008 i pm romani avevano chiesto nuovi accertamenti su Busco, viste anche le nuove tecniche di indagine a disposizione.
Il processo è iniziato il 3 febbraio 2010.