Se l'insegna parla tante lingue, e accende la polemica

Cronaca
Un cartello in cinese in un cantiere di via Sarpi a Milano
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Fa discutere a Milano la decisione del Comune di rimuovere gli addobbi con gli auguri di Natale multietnici comparsi in Via Padova. Ma non è il primo caso in cui i cittadini si dividono su cartelli, segnaletica e pubblicità in idiomi diversi

Le insegne della discordia: guarda le foto

di Giulia Floris

L'integrazione che passa anche dalle insegne e dalla segnaletica in lingue diverse. Oppure no. Fa discutere a Milano la decisione del Comune di rimuovere gli addobbi con gli auguri di Natale in diversi idiomi comparsi in Via Padova. "Creano un ghetto", è la spiegazione dell'assessore Maurizio Cadeo. L'associazione Rete scuole risponde a Palazzo Marino con un volantino che riporta gli auguri in 16 lingue diverse e invita tutti gli istituti a stamparlo e appenderlo ai cancelli. Il Pd insorge, le associazioni di quartiere promuovono una petizione in difesa degli auguri multietnici e persino il capogruppo leghista Matteo Salvini si dice contrario alla rimozione; infine il sindaco Moratti media, promettendo di lasciare le luminarie della discordia, affiancandole a quelle in italiano.

Ma non è la prima volta che un'insegna multilingue genera polemiche. Di nemmeno un mese fa è la crociata del segretario della Lega Nord di Merano e vice-presidente della società di autotrasporto Sasa, Sergio Armanini, che si è scagliato contro i cartelli in lingua araba comparsi sugli autobus cittadini per invitare a pagare il biglietto. "Va bene il tedesco, l'italiano e l'inglese - ha detto - ma l'arabo no''. Precisando che la Lega per questo era disposta "a fare le guerre puniche''.

A Bologna invece i cartelli in lingua araba comparsi all'ospedale Sant'Orsola (che ha anche una versione del sito in arabo) hanno portato il consigliere Manes Bernardini, della Lega Nord, a presentare un’interrogazione alla Giunta regionale in cui "chiede chiarimenti", considerando, spiega, che “gli immigrati di lingua araba a Bologna sono percentualmente meno numerosi di quelli di altre nazionalità”, e chiedendo per questo per quali ragioni “venga data preferenza alla lingua araba e non, ad esempio, a quella francese o spagnola, compresa da un maggior numero di immigrati”.

Insegne bilingue (italiano e arabo) anche nel Parco XXII Aprile di Modena, frequentato da immigrati nordafricani, contro cui si è scagliato in luglio il consigliere regionale del Pdl Enrico Aimi che ha dichiarato sarcastico: "Ormai è ufficiale, qualora qualcuno non se ne fosse ancora accorto Modena è città bilingue, come Bolzano, solo che al posto del tedesco, dalle nostre parti si parla l’arabo".

A Prato, che conta nel suo territorio circa 20mila cittadini cinesi, nel 2006 la circoscrizione Centro aveva disposto cartelli in cinese per una campagna di informazione multilingue per un utilizzo corretto dei cassonetti dei rifiuti. Tra le insegne volute dal  Comune anche quella che, in italiano, cinese, arabo e inglese, invitava a "non sputare per terra".
Dell'inizio del 2010 è invece il regolamento comunale (voluto dalla passata giunta di centrosinistra e attuato da quella di centrodestra), che vieta le insegne di esercizi commerciali esclusivamente in cinese. L'impegno del Comune in questo senso era stato supportato perfino da un gruppo su Facebook: Per Prato insegne in italiano.

Ordinanza analoga anche a Milano: il regolamento del Comune prevede che le insegne siano in "corretta lingua italiana" mentre la traduzione in lingua straniera è permessa "purchè in caratteri meno appariscenti". Anche Palazzo Marino però è ricorso al bilinguismo per annunciare un cantiere in via Sarpi, nella chinatown milanese, così da non penalizzare i negozianti cinesi.
"Favorevole" invece ai cartelli in lingua araba si è dimostrato il sindaco leghista di Varallo, Gianluca Buonanno,  con il solo scopo però di rendere nota l'ordinanza comunale che vieta burqa e niqab.

Quello che fa tanto discutere in altre città poi è invece la norma a Palermo, dove le indicazioni delle vie in arabo, in pieno centro, forse retaggio della antica dominazione moresca, non stupiscono nessuno.

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