Fammi vedere il tuo video e ti dirò dove sei

Cronaca
La homepage di ICanStalkU
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Non solo Facebook, anche su Twitter la privacy lascia a desiderare: a mostrarcelo è il sito ICanStalkU.com che attraverso il cosiddetto geo-tagging può risalire al luogo dove si trovava l’utente al momento di un tweet; lo stesso vale per i video caricati

di Floriana Ferrando

È il sogno di tutte le mamme apprensive: sapere dove si trova il proprio figlio; oggi è possibile scoprirlo con un clic, basta un account Twitter e un po’ di dimestichezza con il computer. Come è possibile? Ce lo spiega il sito ICanStalkU.com che smaschera l’assenza di privacy del cosiddetto geo-tagging, funzione che spesso viene automaticamente attivata negli smartphone.

In parole più semplici, se voi scattate una foto con il vostro cellulare all’ultima moda e la caricate sul social network che cinguetta sarà molto facile risalire al luogo dove vi trovavate al momento dello scatto. Questo perché molte immagini immortalate dai telefonini di ultima generazione contengono il geo-tag, un sistema in grado di registrare la vostra posizione geografica; basta poi inserire le coordinate in Geonames, un servizio online che associa i nomi delle strade a latitudine e longitudine, e il gioco è fatto. Non c’è che dire, una vera pacchia per ladri d’appartamento e stalker (da qui il nome del sito).

Non è finita qui: tenendo traccia delle immagini postate su Twitter da un utente, con ICanStalkU.com è possibile disegnare su una mappa tutti i suoi movimenti, come hanno svelato Ben Jackson e Larry Pesce, creatori del sito. Ecco così che ancora una volta la scarsa tutela della riservatezza risulta essere una spina nel fianco dei servizi online.

Se questo non bastasse, ci si mette anche YouTube: Gerald Friedland e Robin Sommer, dell'International Computer Science Institute di Berkeley in California, hanno creato un software capace di localizzare gli autori dei video girati nei pressi dell’Università e caricati sul più famoso sito di video sharing.

Ancora non si conoscono i dettagli del lavoro, che verranno svelati il prossimo mese su USENIX Workshop, tuttavia il sistema sembra funzionare: in alcuni casi i dati relativi alla localizzazione geografica incorporati nel video erano abbastanza precisi da riuscire a individuare non solo la zona, ma addirittura la casa dove il video stesso era stato girato.

Che nell’era di internet la privacy fosse limitata già si sapeva, ma questo scenario è davvero da brivido. La soluzione? Secondo Friedland il problema potrebbe essere ridotto al minimo se gli smartphone consentissero agli utenti di personalizzare le impostazioni di geo-localizzazione diminuendo la precisione dei dati relativi all’ubicazione o magari, ancora meglio, disattivando del tutto la funzione.

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