I fratelli Luca e Diego Fainello hanno svolto in esclusiva per SKY.it la traccia dedicata al ruolo della musica nella società contemporanea. “La musica non è un salvadanaio per discografici né un prodotto da supermercato. E’qualcosa di magico”
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di Luca e Diego Fainello, in arte i Sonohra
La traccia (QUI TUTTE LE ALTRE): "La Musica, diceva Aristotele, non va praticata per un unico tipo di beneficio che da essa può derivare, ma per usi molteplici, poichè può servire per l'educazione, per procurare la catarsi e in terzo luogo per ricreazione, il sollievo e il riposo dallo sforzo. Il candidato si soffermi sulla funzione, sugli scopi e sugli usi della musica nella società contemporanea. Se lo ritiene opportuno, può fare riferimento anche a sue esperienze di pratica e/o ascolto musicale".
Fin dall’antichità, musica e umanità sono stati un binomio indissolubile, una combinazione che ha accompagnato le varie società dell’uomo per secoli e millenni, fino ad arrivare a quella odierna.
Il ventunesimo secolo si è aperto anch’esso, come tutti gli altri, con una musica del momento, una vera e propria colonna sonora dell’epoca che per la nostra va sotto l’etichetta “pop”. Non certo monopolio del Nuovo Millennio, la cosiddetta musica leggera raggruppa un insieme di tendenze affermatesi a partire dal ventesimo secolo che hanno trasformato le sette note in materia accessibile a tutti, utilizzando un linguaggio semplice per quanto riguarda i testi e melodie accattivanti in grado di raggiungere l’orecchio e l’animo del più restio ad emozionarsi durante l’ascolto.
Si tratterebbe dunque di un perfetto mezzo per veicolare messaggi fruibili da tutti o quasi, tuttavia, a differenza di molta della musica del passato più o meno recente, la “pop music” è diventata ormai un bene destinato al consumo di massa, facendo il proprio ingresso nei circuiti commerciali e nel mercato discografico che purtroppo tende a vederla come un prodotto da consumare tanto quanto un cibo o un bagnoschiuma.
Questa concezione differisce enormemente da quella che considerava la musica un bene prezioso, quasi magico, visione che ha accompagnato questa arte dall’antichità fino al secolo scorso: nella storia della cultura occidentale, l’Antica Grecia rimane il modello basilare di ogni arte, compresa la musica, di cui tuttavia, per ovvie ragioni, ci sono pervenuti pochi frammenti di difficile interpretazione; ciò nonostante, attraverso varie testimonianze letterarie è stato possibile ricostruire le origini della storia della musica, partendo dal periodo arcaico in cui in Grecia domina una concezione musicale di tipo magico-incantatorio. Fu in questo periodo che nacquero racconti mitologici legati al ritmo della musica e accompagnati dall’aulos, strumento a fiato ad ancia, sacro al culto del dio del vino, dell’ebbrezza e dell’incantamento, ossia Dioniso.
Anche la cetra veniva utilizzata come accompagnamento di racconti e leggende di dei ed eroi, mentre in alcune città come Sparta si sviluppò un forte senso civile che diede impulso alla nascita di una produzione musicale corale, affidata ad eventi celebrativi pubblici sia religiosi che laici.
È poi opportuno ricordare il ruolo essenziale ricoperto dalla musica nell’ambito della tragedia greca, in cui il coro commenta, illustra o analizza la situazione che si sta sviluppando sulla scena.
Anche nel Cristianesimo ebbe grande diffusione il canto e la musica liturgica, i cui scopi principali erano quelli di divulgare il messaggio cristologico al popolo, così come accadeva per la musica rinascimentale, barocca, romantica e così via.
Il punto focale era un messaggio da infondere negli animi attraverso le note, la diffusione di un insegnamento, di un pensiero, componente che spesso purtroppo manca alla musica contemporanea. Con le poche eccezioni inscritte nel Blues degli Anni Venti, espressione musicale dei neri che tentavano di esorcizzare la fatica del lavoro nei campi a suon di musica, e nelle canzoni di artisti e gruppi che tra gli Anni Sessanta e Settanta hanno sfruttato le sette note per veicolare messaggi di pace e cambiare la società in cui vivevano, purtroppo a partire dagli Anni Novanta dello scorso Millennio la musica si è gradualmente discostata dalla realtà e dai contesti sociali.
Parecchi critici musicali convengono sul fatto che il Punk sia stato l’ultimo movimento musicale capace di attuare cambiamenti anche al di fuori della propria sfera di pertinenza: la corrente capitanata da mostri sacri come i Sex Pistols, i Clash e i Ramones è riuscita in qualche modo a fuoriuscire dall’argine della musica, inondando altre branche dell’arte, mode, abbigliamento, stili di vita dei giovani e andando così a influenzare la società.
La musica di oggi non si dimostra più in grado di attuare simili cambiamenti, apparendo ormai più un bene di consumo che un’espressione artistica o un mezzo per esprimere un messaggio. Ormai la musica si è immessa nei circuiti discografici così profondamente da essere ormai un prodotto industriale, costruito in serie esclusivamente a scopo di lucro.
Si tratta di una degenerazione della musica causata dallo stato attuale della società, da un momento storico in cui l’arte in generale non riesce più a discostarsi dal fine ultimo di entrare in classifica e vendere a qualsiasi costo, tuttavia rimangono gli artisti che non si piegano alle leggi di mercato e continuano a scrivere e a suonare per passione e per dire la propria.
Band di fama mondiale come gli U2, il gruppo irlandese capitanato da Bono, mettono da più di tre decenni la loro musica al servizio di buone cause per le quali è giusto battersi, così come artisti del calibro di Bob Dylan e Eric Clapton sono da sempre impegnati sul fronte sociale. Anche l’Italia ha avuto l’onore di dare i natali a cantautori militanti a livello sociale come Fabrizio De Andrè, Francesco Guccini e Francesco De Gregori, personaggi che si sono battuti per esprimere le proprie idee e per dare input capaci di migliorare le cose. La speranza per il futuro rimane, perché oltre alle eccezioni che continuano anche in questi anni a cantare a squarciagola le proprie convinzioni, è possibile che l’esasperazione che sta spingendo la musica al consumo di massa prima o poi la faccia esplodere, riportandola alle origini e alla sua essenza pura.
Per tutti i gruppi e i musicisti che sono riusciti ad emergere è importante cercare di cambiare direzione, guardando al passato per seguire gli esempi dei grandi cantori dell’umanità e adattando i propri messaggi al futuro.
Io e mio fratello facciamo parte di questa fetta che in qualche modo è riuscita ad emergere e quello che stiamo provando a fare è proprio questo: la musica è un bene troppo prezioso per essere ridotto a prodotto da supermercato, dunque è fondamentale tentare di andare oltre al puro intrattenimento per far arrivare al pubblico un messaggio sociale.
I Sonohra cercano da sempre di comunicare qualcosa, dalla sensibilizzazione rivolta ai giovani contro le stragi del sabato sera alle delicatissime tematiche del razzismo e della pena di morte. Per noi la musica è una compagna fidata fin da quando siamo bambini: assieme alla mia famiglia, trascorrevo ogni estate in montagna, in un paesino sperduto e deserto in cui non c’era nulla se non la musica.
Io e mio fratello la usavamo per esprimere le nostre emozioni, per comunicare tra noi e con i nostri genitori, e proprio da lì abbiamo capito la grande potenza della musica: non un ingrediente dello show business, non un enorme salvadanaio per discografici, ma qualcosa di magico che permette agli uomini di esprimere pensieri e sensazioni che non potrebbero essere dette altrimenti.
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Fin dall’antichità, musica e umanità sono stati un binomio indissolubile, una combinazione che ha accompagnato le varie società dell’uomo per secoli e millenni, fino ad arrivare a quella odierna.
Il ventunesimo secolo si è aperto anch’esso, come tutti gli altri, con una musica del momento, una vera e propria colonna sonora dell’epoca che per la nostra va sotto l’etichetta “pop”. Non certo monopolio del Nuovo Millennio, la cosiddetta musica leggera raggruppa un insieme di tendenze affermatesi a partire dal ventesimo secolo che hanno trasformato le sette note in materia accessibile a tutti, utilizzando un linguaggio semplice per quanto riguarda i testi e melodie accattivanti in grado di raggiungere l’orecchio e l’animo del più restio ad emozionarsi durante l’ascolto.
Si tratterebbe dunque di un perfetto mezzo per veicolare messaggi fruibili da tutti o quasi, tuttavia, a differenza di molta della musica del passato più o meno recente, la “pop music” è diventata ormai un bene destinato al consumo di massa, facendo il proprio ingresso nei circuiti commerciali e nel mercato discografico che purtroppo tende a vederla come un prodotto da consumare tanto quanto un cibo o un bagnoschiuma.
Questa concezione differisce enormemente da quella che considerava la musica un bene prezioso, quasi magico, visione che ha accompagnato questa arte dall’antichità fino al secolo scorso: nella storia della cultura occidentale, l’Antica Grecia rimane il modello basilare di ogni arte, compresa la musica, di cui tuttavia, per ovvie ragioni, ci sono pervenuti pochi frammenti di difficile interpretazione; ciò nonostante, attraverso varie testimonianze letterarie è stato possibile ricostruire le origini della storia della musica, partendo dal periodo arcaico in cui in Grecia domina una concezione musicale di tipo magico-incantatorio. Fu in questo periodo che nacquero racconti mitologici legati al ritmo della musica e accompagnati dall’aulos, strumento a fiato ad ancia, sacro al culto del dio del vino, dell’ebbrezza e dell’incantamento, ossia Dioniso.
Anche la cetra veniva utilizzata come accompagnamento di racconti e leggende di dei ed eroi, mentre in alcune città come Sparta si sviluppò un forte senso civile che diede impulso alla nascita di una produzione musicale corale, affidata ad eventi celebrativi pubblici sia religiosi che laici.
È poi opportuno ricordare il ruolo essenziale ricoperto dalla musica nell’ambito della tragedia greca, in cui il coro commenta, illustra o analizza la situazione che si sta sviluppando sulla scena.
Anche nel Cristianesimo ebbe grande diffusione il canto e la musica liturgica, i cui scopi principali erano quelli di divulgare il messaggio cristologico al popolo, così come accadeva per la musica rinascimentale, barocca, romantica e così via.
Il punto focale era un messaggio da infondere negli animi attraverso le note, la diffusione di un insegnamento, di un pensiero, componente che spesso purtroppo manca alla musica contemporanea. Con le poche eccezioni inscritte nel Blues degli Anni Venti, espressione musicale dei neri che tentavano di esorcizzare la fatica del lavoro nei campi a suon di musica, e nelle canzoni di artisti e gruppi che tra gli Anni Sessanta e Settanta hanno sfruttato le sette note per veicolare messaggi di pace e cambiare la società in cui vivevano, purtroppo a partire dagli Anni Novanta dello scorso Millennio la musica si è gradualmente discostata dalla realtà e dai contesti sociali.
Parecchi critici musicali convengono sul fatto che il Punk sia stato l’ultimo movimento musicale capace di attuare cambiamenti anche al di fuori della propria sfera di pertinenza: la corrente capitanata da mostri sacri come i Sex Pistols, i Clash e i Ramones è riuscita in qualche modo a fuoriuscire dall’argine della musica, inondando altre branche dell’arte, mode, abbigliamento, stili di vita dei giovani e andando così a influenzare la società.
La musica di oggi non si dimostra più in grado di attuare simili cambiamenti, apparendo ormai più un bene di consumo che un’espressione artistica o un mezzo per esprimere un messaggio. Ormai la musica si è immessa nei circuiti discografici così profondamente da essere ormai un prodotto industriale, costruito in serie esclusivamente a scopo di lucro.
Si tratta di una degenerazione della musica causata dallo stato attuale della società, da un momento storico in cui l’arte in generale non riesce più a discostarsi dal fine ultimo di entrare in classifica e vendere a qualsiasi costo, tuttavia rimangono gli artisti che non si piegano alle leggi di mercato e continuano a scrivere e a suonare per passione e per dire la propria.
Band di fama mondiale come gli U2, il gruppo irlandese capitanato da Bono, mettono da più di tre decenni la loro musica al servizio di buone cause per le quali è giusto battersi, così come artisti del calibro di Bob Dylan e Eric Clapton sono da sempre impegnati sul fronte sociale. Anche l’Italia ha avuto l’onore di dare i natali a cantautori militanti a livello sociale come Fabrizio De Andrè, Francesco Guccini e Francesco De Gregori, personaggi che si sono battuti per esprimere le proprie idee e per dare input capaci di migliorare le cose. La speranza per il futuro rimane, perché oltre alle eccezioni che continuano anche in questi anni a cantare a squarciagola le proprie convinzioni, è possibile che l’esasperazione che sta spingendo la musica al consumo di massa prima o poi la faccia esplodere, riportandola alle origini e alla sua essenza pura.
Per tutti i gruppi e i musicisti che sono riusciti ad emergere è importante cercare di cambiare direzione, guardando al passato per seguire gli esempi dei grandi cantori dell’umanità e adattando i propri messaggi al futuro.
Io e mio fratello facciamo parte di questa fetta che in qualche modo è riuscita ad emergere e quello che stiamo provando a fare è proprio questo: la musica è un bene troppo prezioso per essere ridotto a prodotto da supermercato, dunque è fondamentale tentare di andare oltre al puro intrattenimento per far arrivare al pubblico un messaggio sociale.
I Sonohra cercano da sempre di comunicare qualcosa, dalla sensibilizzazione rivolta ai giovani contro le stragi del sabato sera alle delicatissime tematiche del razzismo e della pena di morte. Per noi la musica è una compagna fidata fin da quando siamo bambini: assieme alla mia famiglia, trascorrevo ogni estate in montagna, in un paesino sperduto e deserto in cui non c’era nulla se non la musica.
Io e mio fratello la usavamo per esprimere le nostre emozioni, per comunicare tra noi e con i nostri genitori, e proprio da lì abbiamo capito la grande potenza della musica: non un ingrediente dello show business, non un enorme salvadanaio per discografici, ma qualcosa di magico che permette agli uomini di esprimere pensieri e sensazioni che non potrebbero essere dette altrimenti.
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