Parla la donna di Teramo che ha fatto causa all'Asl per una gravidanza non voluta dopo che tre medici hanno rifiutato di prescrivere il contraccettivo d'emergenza. "Amo mio figlio, ma mi batto per le donne che si vedono negare un diritto"
Di Cristina Bassi
Una sera di quattro anni fa Lucia (il nome è di fantasia) ha avuto un incidente di percorso, ha chiesto ai medici, ripetutamente, la pillola del giorno dopo ma loro si sono rifiutati di prescriverla. Ci sono buone probabilità che per questo motivo sia rimasta incinta di un bambino che oggi ha tre anni. La 38enne abruzzese, che fa l’operaia, ha quindi citato in giudizio l’Asl di Teramo, chiedendo un risarcimento di 500 mila euro. È un caso unico nel suo genere. Per lei e il suo avvocato, Felice Franchi, è stato negato un diritto, con danno morale, biologico, patrimoniale e sulla vita di relazione di una giovane donna che ha dovuto affrontare da sola la gravidanza e il parto e che ora sta crescendo suo figlio senza un compagno. Il padre del bambino non l’ha voluto riconoscere.
La pillola del giorno dopo è un contraccettivo d’emergenza, si usa cioè dopo il rapporto non protetto, nel dubbio di poter rimanere incinte. È efficace se presa entro 72 ore dal rapporto a rischio, tuttavia non dà una sicurezza al cento per cento. L’efficacia è più alta, più è tempestiva l’assunzione. In Italia la pillola del giorno dopo può essere venduta dietro prescrizione medica, per poter assumerla è quindi necessario rivolgersi a un consultorio, al proprio medico, a un ginecologo, al pronto soccorso o a un presidio di guardia medica. Il contraccettivo d’emergenza agisce bloccando l’ovulazione, prima che questa si realizzi, non è quindi un farmaco abortivo.
Non va confuso con la cosiddetta pillola abortiva, la Ru486, diversa per principio attivo, effetto, tempi e modi di somministrazione. Sulla possibilità degli operatori sanitari obiettori di coscienza di rifiutarsi di fornire la pillola del giorno dopo il dibattito è aperto. La legge sull’aborto non prevede questa eventualità, visto che il contraccettivo d’emergenza non è abortivo, ma l’ordine dei medici si è espresso a favore. Nel concreto succede spesso che medici, infermieri e farmacisti contrari all’aborto non diano la pillola del giorno dopo e che le donne facciano fatica a procurarsela.
Nel nostro Paese i ginecologi obiettori sono circa il 70 per cento del totale (il dato è del ministero della Salute ed è relativo al 2007. Nel 2005 i ginecologi obiettori erano il 58,7%). In tutte le regioni (tranne la Valle d’Aosta, dove la percentuale è del 16,7%) gli specialisti che non praticano aborti sono più della metà, in Lombardia sono il 65,6 per cento, molti di più in Lazio (85,6%), Molise (82,8%), Campania (83,9%), Basilicata (84,1%) e Sicilia (83,5%). Queste percentuali rendono in molti casi difficilmente applicabile la legge 194.
Lucia, come sono andate le cose la sera del concepimento?
Uscivo con un ragazzo, non era un vero fidanzamento. Mi stavo ancora riprendendo da una lunga relazione finita male e con quest’uomo non avevo una relazione stabile. Dopo una pausa di circa un mese ci siamo rivisti e durante un rapporto si è rotto il preservativo. Nel dubbio di rischiare una gravidanza non voluta, sono andata alla guardia medica e al pronto soccorso di due ospedali, nella mia città e nella città vicina, per avere la pillola del giorno dopo. Si è trattato sempre di strutture pubbliche, ma in tutti i casi il farmaco mi è stato negato.
Perché?
Nessuno dei tre medici che ho consultato mi ha detto espressamente di essere obiettore di coscienza, tutti però si sono tirati indietro. Ero in evidente difficoltà, ma pur avendo bisogno di aiuto qualcuno di loro mi ha trattata male e mi ha guardata come se invece di una donna consapevole fossi stata una ragazzina che non sapeva cosa stesse facendo. In un caso mi è stato detto che avevano finito i moduli per sollevare la struttura dalle responsabilità per gli effetti collaterali. Una dottoressa mi ha invece spiegato che per prescrivermi il farmaco doveva farmi una visita ginecologica. Io ho obiettato che non volevo farmi visitare da un ginecologo che non fosse il mio e lei ha risposto che allora non poteva fare nulla per me (per avere la pillola del giorno dopo non è obbligatorio sottoporsi a visita ginecologica, ndr). Alla fine ho trovato una ginecologa che mi ha dato la pillola, ma a quel punto era troppo tardi.
Ed è rimasta incinta.
Incinta e sola, perché il mio ex partner non voleva che tenessi il bambino. Ho rifiutato di abortire e lui non ha voluto riconoscere il figlio. Il bambino porta il mio cognome, anche se somiglia tutto al padre.
La controparte sostiene che ci sono dubbi sulla paternità e, quindi, sul legame di causa-effetto tra quella pillola negata e la gravidanza.
Sono sicura che il padre sia lui e che il concepimento sia avvenuto in quella occasione. Non uscivo con nessun altro in quel periodo. Non avrei alcun problema in caso di test del dna, a condizione però che quell’uomo non rivendichi in futuro la paternità. Non c’è più posto per lui nella nostra vita, io e mio figlio stiamo bene e ce la caviamo grazie alle nostre forze e al sostegno della mia famiglia.
Perché non ha abortito?
Sono contro l’aborto, non avrei mai potuto farlo. La pillola del giorno dopo è un contraccettivo d’emergenza, che si prende nel dubbio di poter rimanere incinte. Sono due cose molto diverse. Sono felice di non aver interrotto la gravidanza: il mio bambino è la gioia della mia vita.
Ma non ha paura che questa storia possa mettere in dubbio il suo amore per lui?
Nessun timore. Il punto non è che ho avuto un bambino, ma il fatto che mi è stato negato un diritto. Se non avessi voluto mio figlio, avrei potuto abortire. Siccome faccio un lavoro pesante, mi sono messa subito in maternità per non rischiare di perderlo. E l’ho amato dal primo momento. È venuto al mondo nonostante quello che è successo, vuol dire che il mio destino era di diventare mamma.
Perché ha deciso di fare causa all’Asl?
Per creare un precedente che garantisca qualche tutela in più alle donne, magari giovanissime, che si troveranno nella mia situazione. Capita troppo spesso che una ragazza, vedendosi rifiutare la pillola del giorno dopo o trovandosi davanti un medico che con un pretesto cerca di dissuaderla, debba poi affrontare il trauma dell’aborto. Il contraccettivo d’emergenza dovrebbe essere prescritto senza alcun problema, le strutture che si rifiutano di farlo violano la legge.