Vaticano: accordo Libia-Italia viola i diritti dei migranti

Cronaca
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"Nessuno può essere trasferito, espulso o estradato verso uno Stato dove esiste il serio pericolo che la persona sarà condannata a morte o torturata" è quanto sostiene Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti

"Nessuno può essere trasferito, espulso o estradato verso uno Stato dove esiste il serio pericolo che la persona sarà condannata a morte, torturata o sottoposta ad altre forme di punizione o trattamento degradante o disumano". Lo sostiene l'arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti riferendosi, in particolare all'accordo siglato tra Roma e Tripoli e ai recenti episodi di respingimenti.

Nel suo intervento per la II conferenza europea sul tema "I diritti umani nella formazione dell'avvocato europeo", che si terrà domani a Roma, l'arcivescovo Marchetto si riferisce a un rapporto dello Human Rights Watch che, nel settembre scorso, denunciava l'intercettazione da parte delle guardie costiere italiane di migranti e richiedenti asilo africani che navigavano nel Mediterraneo, respingendoli forzatamente in Libia, come previsto dall"'accordo bilaterale con quel Governo" stipulato dall'Italia, senza valutare la possibilità che vi fossero fra di loro rifugiati o persone in qualche modo vulnerabili. Mons. Marchetto evidenzia che in Libia "esistono centri di detenzione e di rimpatrio dove le condizioni variano da accettabili a disumane e degradanti".

Il Vaticano, più in generale, "condanna" i Paesi, come quelli della sponda sud del Mediterraneo con cui i Paesi europei hanno stipulato accordi, che "non osservano il principio di 'non refoulement"', cioè di non respingimento, "che sta alla base del trattamento da farsi a quanti fuggono da persecuzione".
L'arcivescovo Agostino Marchetto rileva inoltre che "c'è la tendenza tra i Paesi europei, di delocalizzare i controlli delle frontiere incoraggiando i loro partner della costa meridionale del Mediterraneo a controlli più rigidi e dando loro la possibilità di chiedervi asilo". "Ci sono però - sottolinea il prelato - serie questioni umanitarie connesse a tale tendenza" di delocalizzare i controlli, nell'eventualità del "respingimento di possibili richiedenti asilo".

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