"Provo lo stesso senso di ingiustizia e di angoscia delle persone che abbiamo soccorso. Sono su un patibolo che non merito" ha ribadito il capo della Protezione civile. E attacca la stampa: un processo mediatico contro di me che si chiama fango
BERTOLASO, L'EROE DEI DUE MONDI: LA FOTOSTORY
G8 ALLA MADDALENA, UN'OCCASIONE PERSA: LE FOTO
Un "patibolo che non ho scelto ne' meritato". Così Guido Bertolaso, il Capo della Protezione civile, definisce la sua situazione, a seguito dell'inchiesta che lo vede coinvolto, in una lettera aperta inviata "alle donne e agli uomini della Protezione civile". "Faccio mia la sofferenza di tutti coloro che si sentono colpiti ingiustamente per questo attacco forsennato e squallido che mi riguarda - afferma - e, da questo patibolo che non ho scelto ne' meritato, vi saluto con tutto il mio affetto e la mia fedeltà al patto di rispetto e di onore che ci ha permesso di realizzare qualcosa di buono, molto buono, troppo buono per non suscitare tempeste di fango".
"Nulla da eccepire a che la magistratura indaghi su tutti e chiunque, me compreso" ma accanto all'iniziativa dei magistrati "c'è una seconda iniziativa giudiziaria di cui sono oggetto" attraverso la stampa "che è solo fango" che sfigura chi resta colpito da questa "tempesta provocata ad arte" continua il capo della Protezione civile.
"Da giorni - si legge nel testo - i giornali titolano non sospetti su di me, ma certezze; pubblicano intercettazioni usandole non come elementi indiziari, ma come prove di colpe commesse, di fatto dando un'immagine complessiva della rete dei corrotti e corruttori, di cui sarei parte, magari non proprio protagonista, ma sicuramente parte".
Secondo Bertolaso, questo "secondo procedimento giudiziario si chiama giustizia sommaria, si chiama fango gettato nelle pale del ventilatore, si chiama diffondere illazioni, interpretazioni, accuse, pseudocertezze, precondanne e stigmate di malavitoso addosso a chi non ha altro strumento per difendersi che la propria storia, la propria pretesa innocenza, l'inservibile appello alla verità".
Bertolaso punta il dito contro i processi mediatici, dove "la verità è l'ultima cosa che interessa, si cercano emozioni, pruderie, notizie sfiziose sui difetti, le debolezze, le leggerezze, ma soprattutto si cerca e si riesce, gettando fango, di sfigurare il profilo di ogni persona investita da questa tempesta provocata ad arte".
Nel pieno di un "processo mediatico" Bertolaso ha provato "l'angoscia, il senso di ingiustizia, di devastazione, di perdita totale e senza eccezione delle tante persone che abbiamo soccorso dopo che le loro case erano state invase da fiumi di fango". Proprio "come un alluvionato" si è trovato a patire "sofferenza, rimpianti, strazianti ricordi". E adesso ritiene che sia proprio il momento di dire: "basta fango".
Qui sotto una delle aperture dei giornali di oggi.
"Fangopoli" titola il quotidiano Liberazione. Un termine con cui si unisce l'emergenza frane in Calabria e Sicilia con la bufera giudiziaria che ha investito la Protezione civile.
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