Norvegia, il super giacimento di terre rare salverà economia e ambiente?

Ambiente
Nadia Cavalleri

Nadia Cavalleri

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Ne abbiamo parlato con gli esperti di Bellona, l’organizzazione di Oslo nata come gruppo d’azione e protesta e diventata negli anni una vera e propria istituzione nel campo delle soluzioni sostenibili ai problemi ambientali più urgenti del mondo 

Il sito norvegese di Fensfeltet (Complesso di Fen), in Norvegia, conterrebbe oltre otto milioni di tonnellate di metalli rari, fra cui ossidi di neodimio e praseodimio; materiali ricercatissimi perché usati nei supermagneti indispensabili in diverse tecnologie chiave per la difesa, la transizione energetica e il settore hi-tech. A livello economico si tratta di un sito strategico perché consentirebbe all’Europa di raggiungere l’obiettivo di autosufficienza fissato dal Critica Raw Materials Act (Crma) che prevede di arrivare internamente al 10% del fabbisogno Ue. Ricordiamo che la Norvegia, pur non essendo in Europa, appartiene comunque all’area economica europea. Ricordiamo anche che, al momento, l’Europa è a zero per quanto riguarda l’estrazione di terre rare, mentre il 90% dei magneti a base di terre rare proviene dalla Cina, dalla quale dipendiamo completamente, con le stime che parlano del raddoppio della richiesta futura entro il 2030 da parte dei paesi europei.

La scoperta di questo enorme giacimento di terre rare cosa significa per voi?

"Fensfeltet si trova sulla terraferma - spiega a Sky Tg24 Martin Sveinssønn Melvær, Team Leader materiali e industria di Bellona - è un progetto minerario che Bellona sostiene perché riteniamo che possa essere realizzato in modo più sostenibile di quanto sia considerato normale per i progetti minerari odierni – e perché è un’enorme risorsa di minerali importanti per la transizione verde. I nuovi numeri mostrano che il solo Fensfeltet contiene da 5 a 7 volte più elementi di terre rare rispetto alle diverse migliaia di chilometri quadrati sui fondali marini norvegesi”.

 

A proposito di fondali marini, la Norvegia aveva già votato sì al deep sea mining, lo sfruttamento delle risorse minerarie sui fondali oceanici a grandi profondità…

“Non è ancora chiaro come verrà effettuata l'estrazione mineraria in acque profonde poiché la tecnologia è molto immatura - dice il dr. Sveinssønn Melvær - questa è una delle critiche di Bellona al governo norvegese: hanno aperto all'estrazione mineraria in acque profonde senza sapere come verrà effettuata l'estrazione, e quindi senza conoscere le conseguenze ambientali di tali attività. Questo risulta particolarmente preoccupante considerato innanzitutto che l'Istituto norvegese di ricerca marina ha dichiarato che nel 99% dell'area norvegese aperta all'estrazione mineraria in acque profonde non esistono dati sulla biologia e sugli ecosistemi. Per questo motivo è impossibile sapere in che modo gli ecosistemi saranno influenzati dall’esplorazione mineraria e dalle attività minerarie. L’estrazione mineraria in acque profonde, nel migliore dei casi, potrebbe essere più “chirurgica", con un potenziale impatto su un'area ridotta, ma anche in questo caso ci sono due problemi: è possibile procedere così solo se le concentrazioni di metalli sono molto elevate (in caso contrario si dovrà scavare tanto quanto si fa sulla terra ferma, se non di più) e i campioni e le stime che sono stati fatti per le aree norvegesi non indicano affatto alte concentrazioni. Dato che l’estrazione in acque profonde dovrà essere effettuata a 1.000-3.000 metri sotto la superficie dell’oceano, si prevede che sarà molto più costosa dell’estrazione sulla terraferma." Secondariamente, anche in caso di estrazioni chirurgiche, ci sarebbero gravi conseguenze ambientali. Si ritiene che i depositi contengano forme di vita uniche, grazie allo scarso contatto con altre aree simili di fondali marini, quindi gli scavi, seppur in aree piccole, potrebbero sterminare specie importanti. Cosa accadrebbe se finissimo per distruggere le specie che avrebbero potuto fornire una cura per la prossima pandemia?"

 

 

approfondimento

Il giacimento già trovato in Svezia

Harbor for a Coal mine in Svalbard archipelago
1475804079 - ©Getty

L'estrazione mineraria potrebbe iniziare nel 2030

Rare Earths Norvegia ipotizza che l’estrazione mineraria nel Complesso di Fen potrebbe iniziare nel 2030 con un investimento di 10 miliardi di corone (circa 867 milioni di euro) solo per la fase iniziale. Occorrerà capire se, nel frattempo, saranno fatti anche, in Norvegia e nel resto del mondo, ulteriori ragionamenti sull’estrazione in mare. Di fronte alle mosse di apertura della Norvegia, ancora prima del voto ufficiale nel gennaio scorso, 120 legislatori dell'Unione Europea in novembre avevano scritto una lettera aperta chiedendo proprio al parlamento norvegese di respingere il progetto a causa "del rischio di tale attività per la biodiversità marina e dell'accelerazione dei cambiamenti climatici".

 

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