Transizione energetica: i benefici ambientali, economici e sociali delle rinnovabili
Se l’Italia entro il 2030 installasse gli 85 GW previsti dal REPowerEU raggiungerebbe l’84% di rinnovabili nel mix di produzione elettrica, con molteplici vantaggi: -75% di emissioni di CO2 del settore elettrico, 345 miliardi di benefici economici e 47mila nuovi posti di lavoro. Enel Italia prevede investimenti di almeno 2 miliardi per nuovi impianti eolici e fotovoltaici, nella consapevolezza che le rinnovabili siano l’unica via percorribile per una transizione energetica giusta e sotto il segno dell’accessibilità
Le tensioni geopolitiche determinate dal conflitto russo-ucraino si sono riflesse sullo scenario energetico, con effetti evidenti sia in termini di sicurezza degli approvvigionamenti che dei costi per cittadini e imprese. La volatilità dei prezzi che ne è conseguita e le connesse prospettive di lungo periodo legate al mercato dell’energia e al tema cruciale degli approvvigionamenti sono stati i fattori che, in ultima analisi, hanno reso evidente la necessità di avviare una riflessione profonda in un settore, quello energetico, che ha al centro la fruizione di un bene essenziale. In questo contesto giocano un ruolo fondamentale le fonti di energia rinnovabile, che rendendo possibile e conveniente produrre energia in loco consentono di ridurre sempre di più la produzione da impianti alimentati a gas, materia prima prevalentemente importata da altri Paesi. Se l’Italia entro il 2030 centrasse l’obiettivo di installare gli 85 GW previsti dal Piano REPowerEU, sarebbe in grado di raggiungere l’84% di rinnovabili nel mix di produzione elettrica: un traguardo che avrebbe enormi benefici non solo sul fronte ambientale (riduzione del 75 % delle emissioni di CO2 del settore elettrico nel 2030 rispetto al 1990), ma anche in chiave economica (345 miliardi di benefici economici cumulati al 2030 in valore aggiunto per filiera e indotto) e occupazionale (470.000 nuovi posti di lavoro nella filiera e nell’indotto elettrico nel 2030). Questo, accompagnato ad altre misure strategiche come l’elettrificazione dei consumi mediante la sostituzione delle caldaie a metano con pompe di calore e la costruzione di terminali LNG, ci consentirebbe nel giro di pochi anni di azzerare la nostra dipendenza dal gas russo e di incrementare in generale la sicurezza di approvvigionamento energetica dell’Italia. Nel Piano Industriale 2022-2024 di Enel Italia sono previsti investimenti di almeno 2 miliardi di euro per ampliare ulteriormente il parco rinnovabile nel Paese di circa 1 GW, realizzando principalmente nuovi impianti fotovoltaici ed eolici. Ma l’ambizione è potenzialmente ancora più grande, avendo in pipeline oltre 5 GW di impianti rinnovabili e oltre 2,5 GW di nuovi accumuli.
Lo studio Net Zero E-conomy 2050 di Enel e The European House - Ambrosetti
Ad illustrare come l’accelerazione verso la decarbonizzazione garantisca investimenti più efficaci e maggiori benefici economici, sociali e ambientali è lo studio Net Zero E-conomy 2050 realizzato da Fondazione Enel e The European House - Ambrosetti. L’andamento delle emissioni globali di CO2 - che nel 2021 hanno continuato a crescere raggiungendo il record di 36,3 miliardi di tonnellate - ha evidenziato più che mai la necessità di ripensare l’attuale sistema energetico. Per rispondere a questa sfida, l’Unione europea si è posta l’obiettivo di diventare “neutrale dal punto di vista climatico” entro il 2050. “Seppure la necessità di affrontare il cambiamento climatico sia da sola una ragione più che sufficiente per perseguire una transizione energetica, la vulnerabilità delle nostre economie, dipendenti dal gas e dal petrolio, ha reso tale urgenza più che mai impellente”, ha spiegato Francesco Starace, CEO e General Manager di Enel. L’Europa, infatti, dipende per il 57% dalle importazioni di energia e nel ventennio 2000-2020 questa quota è rimasta pressoché invariata, con l’Italia che è il 2° Paese dell’Unione nell’indice di dipendenza dal gas naturale. Il processo di decarbonizzazione è quindi anche uno strumento chiave per il raggiungimento dell’indipendenza energetica.
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Accelerare gli investimenti sulle rinnovabili: si può?
Seguendo lo schema d’azione del Piano REPowerEU, accelerare sulle fonti di energia rinnovabile si tradurrebbe, per il nostro Paese, in 309 miliardi di euro di investimenti cumulati al 2030 del settore elettrico e della sua filiera industriale, e nella contestuale creazione di 470.000 nuovi posti di lavoro nella filiera e nell’indotto elettrico nel 2030. Questi investimenti darebbero un grande slancio all'economia e renderebbero l'Italia energeticamente più sicura e indipendente. Negli ultimi 30 anni, l'Italia è stata il fanalino di coda in Europa per crescita del Pil, che dal 1993 è incrementato solo del 22% rispetto a una media europea del 56%. Puntare con sempre maggior convinzione sulle fonti di energia rinnovabile, oltre che necessario, è anche una scelta realistica e realizzabile, già adesso: ad oggi, infatti, non esistono barriere economiche, e non mancano certo gli investitori. Al contrario: i costi di eolico e PV sono ormai estremamente competitivi, e negli ultimi anni sono diminuiti di più dell’80%. Non mancano nemmeno le aziende disposte a investire in nuovi impianti rinnovabili: a fine 2021 sono pervenute a Terna circa 170 GW di richieste di connessione alla rete di nuova capacità rinnovabile utility-scale (senza considerare quindi il fotovoltaico domestico, ad esempio). Di queste, sappiamo che negli ultimi tre anni circa 60 GW hanno presentato un iter autorizzativo alle autorità competenti. Di tali richieste, si stima che solo il 10% abbia ricevuto effettivamente l’autorizzazione a costruire l’impianto. É evidente, pertanto, che negli ultimi anni il Paese abbia scontato una farraginosità burocratica e amministrativa che ne ha rallentato la transizione in senso rinnovabile, trend parzialmente invertito dai più recenti provvedimenti in tema di snellimento delle procedure autorizzatorie.
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Come accelerare sulle rinnovabili: le proposte
Lo studio Net Zero E-conomy 2050 individua due prerequisiti e cinque proposte di policy: una riguarda trasversalmente tutti i settori economici analizzati, mentre le altre quattro sono iniziative per specifici settori. Il primo prerequisito è costituito dalla necessità di garantire stabilità, trasparenza e coerenza delle politiche e misure energetiche europee, nazionali e locali; allo stesso tempo, risulta fondamentale sostenere la produzione industriale nel potenziamento delle tecnologie green esistenti, nello sviluppo di nuove soluzioni verdi e nell’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili. Per quanto riguarda la proposta trasversale, si tratta di garantire una forma di cooperazione più forte e un maggior grado di armonizzazione nella governance della transizione energetica a livello europeo. Relativamente alle ipotesi settoriali, nel settore elettrico si propone di semplificare le procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili, facilitare gli interventi sulle infrastrutture energetiche, promuovere la gestione della domanda e la diffusione di strutture di stoccaggio e di soluzioni per la flessibilità. Per promuovere la decarbonizzazione nei trasporti, si propone di semplificare le procedure per la realizzazione di infrastrutture di ricarica, rafforzare la collaborazione tra tutti gli attori della mobilità elettrica, promuovere l’interoperabilità, ottimizzare i tempi di connessione alla rete e favorire l’elettrificazione del Traporto Pubblico Locale (TPL). Per il settore industriale, la proposta è di sfruttare i quadri giuridici per sostenere il passaggio tecnologico verso soluzioni più ecologiche, creare laboratori di trasferimento tecnologico per soluzioni di elettrificazione diretta e indiretta e favorire i sistemi di demand-response. Infine, nell’ambito degli edifici, lo studio propone di definire l’eliminazione graduale delle caldaie a combustibile fossile - tramite un quadro giusto, stabile e trasparente per quanto riguarda le pompe di calore - e creare uno sportello unico per sostenere il rinnovamento degli edifici.
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Per una transizione energetica giusta e accessibile
Come ricordato in apertura, purtroppo il conflitto in Ucraina ha messo in luce in maniera ancora più lampante delle vulnerabilità che, perlomeno agli addetti ai lavori, erano in realtà note da tempo: in primis l’eccessiva dipendenza da un solo combustibile e da troppi pochi Paesi, la scarsità di infrastrutture strategiche (in particolare nel breve periodo) come i terminali di rigassificazione, e soprattutto l’eccessiva timidezza nello sviluppo della produzione da fonti rinnovabili e dell’efficientamento energetico dei nostri processi produttivi e di consumo: entrambi, allo stato attuale, troppo legati al gas. Proprio sul doppio binario fonti rinnovabili/innovazione Enel poggia la sua strategia industriale, nella certezza che per parlare e soprattutto realizzare una transizione energetica giusta, in grado di garantire l’accessibilità all’energia per tutti, è necessario attivare subito, senza ulteriori tentennamenti, il circolo virtuoso tra avanguardia tecnologica, tutela ambientale e autonomia degli approvvigionamenti. È il motivo per cui, di concerto con gli altri associati di Elettricità Futura - la principale associazione del mondo elettrico italiano - il Gruppo Enel ha abbracciato il nuovo Piano Europeo REPowerEU, che per il settore elettrico italiano si traduce nell’obiettivo di arrivare a 85 GW di rinnovabili entro il 2030. Che si tratti di una prospettiva ormai ben delineata lo dimostra, del resto, anche il rinnovato slancio attuativo del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec), in cui è prevista una crescita significativa di nuova capacità rinnovabile per la produzione di energia elettrica entro il 2030: circa ulteriori 10 GW da impianti da fonte eolica, e circa 32 GW da impianti da fonte solare. Speculare all’esigenza di realizzare questi obiettivi il prima possibile, l’orientamento di Enel è che sia altrettanto necessario procedere speditamente nell’individuazione delle cosiddette aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili, quelle zone “con un elevato potenziale atte a ospitare l’installazione di impianti di produzione elettrica da fonte rinnovabile, anche all’eventuale ricorrere di determinate condizioni tecnico-localizzative”. Secondo la lettera del D.Lgs. n. 199/2021 di recepimento della Direttiva RED II, tali aree avrebbero dovuto essere individuate sulla base di principi e criteri stabiliti dal Governo attraverso uno o più decreti entro giugno 2022, stabilendo altresì la ripartizione della potenza installata fra Regioni e Province autonome, e nei successivi 180 giorni le Regioni avrebbero dovuto individuare le aree idonee, con potere sostitutivo statale in caso di mancata adozione. Decreti attuativi che però non sono ancora stati adottati, con il conseguente rischio di ritardare l’adozione di misure volte a realizzare il percorso di decarbonizzazione.