Il 50% dei pascoli è degradato, l’appello dell’Onu: “Minaccia per la sicurezza alimentare”

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È il messaggio lanciato dall’Onu in un rapporto presentato in occasione della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione, in cui viene suggerito un nuovo approccio per contrastare il problema del degrado dei pascoli  

Il degrado dei pascoli naturali “rappresenta una grave minaccia per l’approvvigionamento alimentare dell’umanità e per il benessere o la sopravvivenza di miliardi di persone”. È il messaggio lanciato dall’Onu in concomitanza con la pubblicazione del “Global Land Outlook Thematic Report on Rangelands and Pastoralists”, presentato negli scorsi giorni in Mongolia, in occasione della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (Unccd).  Un problema, quello del degrado, che secondo le stime del rapporto interessa fino al 50% dei pascoli naturali.

L’importanza dei pascoli

Per pascoli, come spiegato nel rapporto, si intendono praterie naturali utilizzate dal bestiame e dagli animali selvatici per pascolare e procurarsi il cibo, ma anche savane, arbusteti, zone umide, tundra e deserti. Terre che costituiscono “il 54% di tutta la superficie terrestre, e costituiscono un sesto della produzione alimentare globale e quasi un terzo del serbatoio di carbonio del pianeta”, ora a “rischio a causa del degrado dei terreni”. Da questi ambienti, inoltre, come sottolineato nel documento, dipendono le sorti di due miliardi di persone tra pastori, allevatori e agricoltori con percentuali particolarmente elevate in alcune aree del Pianeta. In molti Stati dell’Africa occidentale, ad esempio, la produzione di bestiame impiega l’80% della popolazione, mentre in Asia centrale e in Mongolia il 60% della superficie è utilizzato come pascolo, e l’allevamento di bestiame sostiene quasi un terzo della popolazione.

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Il degrado dei pascoli: come si manifesta e le conseguenze

Come sottolineato nel rapporto redatto da oltre 60 esperti di 40 Paesi, il degrado dei pascoli si manifesta attraverso fenomeni come “diminuzione della fertilità e dei nutrienti del suolo, erosione, salinizzazione, alcalinizzazione e compattamento del suolo stesso che inibisce la crescita delle piante”. Tutti fattori che  “contribuiscono alla siccità, alle fluttuazioni delle precipitazioni e alla perdita di biodiversità sia sopra che sotto terra”. Tra le cause, vengono segnalate la conversione dei pascoli in terreni coltivati ​​e altri cambiamenti dovuti alla crescita della popolazione, all’espansione urbana e al rapido aumento della domanda di cibo, oltre al pascolo eccessivo, all’abbandono dei pascoli e alle politiche che ne incentivano lo sfruttamento eccessivo. Nel rapporto, viene, inoltre, messo alla luce un paradosso: “Gli sforzi volti ad aumentare la sicurezza alimentare e la produttività convertendo i pascoli alla produzione agricola in regioni prevalentemente aride hanno portato al degrado dei terreni e a rendimenti agricoli inferiori”. Un risultato legato anche alla “debolezza e l’inefficacia della governance”, alla “scarsa attuazione di politiche e regolamenti” e alla “mancanza di investimenti nelle comunità rurali e nei modelli di produzione sostenibili” per i pascoli.

Un nuovo approccio

Nel rapporto, viene suggerito un nuovo approccio per contrastare il problema del degrado dei pascoli, basato su studi effettuati in diverse zone del mondo. Tra le raccomandazioni, gli esperti consigliano di integrare le strategie di mitigazione climatica con piani di gestione sostenibile dei pascoli, per far aumentare le riserve di carbonio. Inoltre, è necessario evitare o almeno ridurre la conversione dei terreni e adottare misure di conservazione anche al di fuori delle aree protette per tutelare la biodiversità.

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