
Unesco, la Grande Barriera Corallina australiana evita la lista dei siti a rischio. FOTO
Il Comitato del Patrimonio Mondiale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite non ha inserito la Great Barrier Reef nell'elenco dei siti patrimonio dell'umanità "in pericolo", ma ha chiesto a Canberra un rapporto sui passi da fare per salvaguardarla. Decisione analoga per Venezia dopo la decisione di bloccare il passaggio delle grandi navi davanti a San Marco e al canale della Giudecca. Sotto osservazione Stonehenge e la Basilica di Santa Sofia a Istanbul. Non è più Patrimonio Mondiale invece il porto di Liverpool

La Grande Barriera Corallina australiana non è ufficialmente a rischio di gravi danni ambientali. O meglio, non ancora. Il Comitato del Patrimonio Mondiale dell'Unesco ha deciso per ora di non inserirla nell'elenco dei siti patrimonio dell'umanità "in pericolo". Tuttavia ha chiesto al governo australiano, entro febbraio 2022, un rapporto sugli sforzi per salvaguardarne l'integrità. L'inserimento in quella lista è infatti il primo passo per la rimozione dello status di patrimonio mondiale
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Il Comitato del Patrimonio Mondiale, di cui fanno parte 21 Paesi e che attualmente è presieduto dalla Cina, ha deciso di rinviare la decisione sulla Grande Barriera Corallina dopo un'intensa attività di lobbying da parte dell'Australia. In particolare, l'Australia ha esercitato una serie di pressioni e ha attivato numerose iniziative, tra cui persino l'accompagnamento di ambasciatori in uno di snorkeling nelle acque della barriera
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I membri del Comitato, tra cui Cina, Russia e Arabia Saudita, hanno ritenuto che l'Australia dovesse avere più tempo per fare il punto sui suoi sforzi per conservare la Grande Barriera, iscritta nel 1981 come Patrimonio dell'Umanità
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Hanno anche chiesto all'Unesco di inviare una missione di valutazione al sito, dopo le critiche di Canberra all'agenzia dell'Onu, che a giugno aveva pubblicato le raccomandazioni dei suoi esperti e organi consultivi suggerendo di inserire questo ecosistema nell'elenco dei siti "in pericolo" a causa del suo deterioramento, in gran parte dovuto al ripetersi di episodi di sbiancamento dei coralli dovuti agli sconvolgimenti climatici
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La Grande Barriera Corallina si estende per quasi 345.000 chilometri quadrati al largo della costa nord-orientale dell'Australia e ospita oltre 1.600 specie di pesci e 600 specie di coralli. Si tratta di un ecosistema marino vitale, che contribuisce anche con 6,4 miliardi di dollari l'anno all'economia australiana, secondo la Great Barrier Reef Foundation
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Tuttavia, da alcuni anni, i crescenti effetti del cambiamento climatico hanno avuto su di essa un grave impatto, causando soprattutto un diffuso sbiancamento dei coralli. In un rapporto pubblicato il 21 giugno citato dalla Cnn, una missione di monitoraggio dell'Unesco ha affermato che, nonostante il lavoro del governo australiano per migliorare la situazione, "non vi è alcun dubbio" che la Grande Barriera "stia affrontando un pericolo accertato"
Barriera Corallina Australia evita lista siti a rischio. VIDEO
"Vorrei ringraziare sinceramente gli illustri delegati per aver riconosciuto l'impegno dell'Australia nella protezione della Grande Barriera Corallina", ha detto al Comitato del Patrimonio Mondiale il ministro dell'Ambiente australiano Sussan Ley

Una decisione, quella sulla barriera australiana, che fa seguito ad una decisione analoga annunciata per quel che riguarda Venezia e la sua laguna, che a sua volta non verrà iscritta nella lista del Patrimonio in pericolo grazie alla decisione del governo Draghi sul blocco del passaggio delle grandi navi davanti a San Marco e al canale della Giudecca

E non basta, anche Stonehenge potrebbe perdere il suo ambito status dell'Unesco, scrive il Guardian, riferendo che il Comitato del Patrimonio Mondiale ha comunicato che il celebre sito neolitico sarà inserito nella sua lista "in pericolo", primo passo per la rimozione dello status di patrimonio mondiale, qualora la realizzazione di un tunnel stradale andrà avanti come previsto

Osservata speciale anche la Basilica di Santa Sofia a Istanbul, poiché il Comitato ha chiesto alla Turchia di presentare entro febbraio 2022 un rapporto sul suo stato di conservazione, esprimendo "profonda preoccupazione" per le conseguenze della trasformazione del famoso edificio di epoca bizantina in una moschea