Thailandia, si dimettono tutti i deputati dell'opposizione

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(Credits: Getty Images)
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L'annuncio arriva dal Partito democratico thailandese, mentre proseguono le proteste in piazza. La premier: "Dovremmo fare un referendum in modo da far decidere al popolo cosa fare. In caso di esito negativo, pronta a dimettermi"

Il Partito democratico thailandese, il principale dell'opposizione, ha annunciato le dimissioni di tutti i suoi 153 deputati dal Parlamento, al termine di una riunione del direttivo durata tutta la giornata. Ad annunciarlo è stato un portavoce del partito, che non vince un'elezione dal 1992.
La dichiarazione arriva poco dopo la proposta della primo ministro thailandese, Yingluck Shinawatra, di un referendum sulla sua carica, dicendosi disposta a dimettersi se la maggioranza del popolo lo vorrà.

Gli scontri nei giorni scorsi - In Thailandia, da ormai un mese sono in corso manifestazioni promosse dalla protesta anti-governativa che è degenerata in scontri costati 5 morti e circa 300 feriti a Bangkok. "Dovremmo fare un referendum, in modo da far decidere al popolo cosa fare", ha detto la premier, sorella dell'ex primo ministro Thaksin Shinawatra, contro il cui "regime" si batte il movimento guidato dall'ex vicepremier Suthep Thaugsuban. Thaksin, deposto da un golpe nel 2006 e in auto-esilio dal 2008 per sfuggire a una condanna per corruzione, è considerato la vera mente dell'attuale governo.

Lo scontro tra due fazioni - Promettendo ai suoi fedeli di "estirpare il regime Thaksin", Suthep ha proposto la creazione di un "consiglio del popolo" nominato dall'alto senza andare a nuove elezioni, un'idea che riscuote i consensi della borghesia monarchico-nazionalista della capitale e dell'elettorato del sud del Paese, ma che è stata giudicata incostituzionale da Yingluck, eletta con ampio margine nel 2011.
Le proteste costituiscono l'ultima tornata dello scontro di potere tra l'élite tradizionale e il blocco di Thaksin, idolatrato dalle classi medio-basse del popoloso nord-est rurale ma rappresentante anche degli interessi economici di una classe di "nuovi ricchi".

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