Così Fca è cambiata con Marchionne. I numeri

Economia

Mariangela Pira

John Elkann e Sergio Marchionne (getty images)

Un’azienda che è stata completamente trasformata da una visione internazionale di un manager che sarà difficilmente sostituibile. Figura controversa, e spesso criticata, ecco come il gruppo è cresciuto sotto la sua guida

Sarà difficile essere nei suoi panni. Prendere il posto di un manager che in 14 anni ha completamente stravolto un'azienda. Portandola dal quasi fallimento ad essere una realtà globale del settore auto.  Quando Sergio Marchionne (LA SCHEDA - LE FRASI - LE AUTO) arriva al vertice di Fiat, due settimane dopo la morte di Umberto Agnelli, nel giugno del 2004, il gruppo è sull’orlo della bancarotta. Nel 2003 le perdite della società erano arrivate a toccare i 6 miliardi di euro. Due anni dopo quello che venne definito una sorta di miracolo. Fiat ritorna a fare utili, tagliando i costi e licenziando. Va subito alla ricerca di un partner perché – come identificato quasi subito dal manager abruzzese – in questo settore piccolo non è affatto bello.

Il matrimonio con Chrysler

Ed eccolo il matrimonio, con l’americana Chrysler nel 2014 seguito dalla quotazione presso la borsa americana, il New York Stock Exchange. E’ l’operazione che dà a Fiat la dimensione globale necessaria a sopravvivere. Va qui sottolineato che il merito di Marchionne è quello di aver avuto, e in anticipo, la grande visione che, per salvare Fiat, serviva un'unione internazionale e di averlo saputo individuare in un’azienda americana in crisi, con tanti marchi - Jeep per esempio - che potevano essere rilanciati. Di fatto ancora oggi gli Stati Uniti sono quelli che sostengono tutto il gruppo.

Il valore del marchio

Credeva molto nel valore del marchio. Per questo ha deciso di rendere autonome (si chiamano in gergo spin off) CNH, che produce macchine per l’agricoltura e il movimento terra, e Ferrari creando valore di fatto per tutti e tre i gruppi. Anche su Ferrari val la pena soffermarsi. Il suo disegno – non ancora realizzato – era quello di creare la Louis Vuitton dell’auto, un polo del lusso, con Ferrari naturalmente ma di cui avrebbe fatto parte anche Alfa Romeo. Credeva anche nel marchio Jeep, che per intenderci, nel 2009 produceva circa 300.000 auto e quest'anno venderà più di 2 milioni di veicoli dopo una forte espansione in Europa, India, Sud America, Cina. a proposito di quest'ultima, nel paese di mezzo il miracolo a Marchionne non è riuscito anche perché erano stati troppo grandi gli errori di chi lo aveva preceduto.

Scelte controverse

Ha sempre scosso l'industria, va detto, non era certo affetto da "pecorite". Mosse, le sue, spesso ritenute controverse, dai sindacati in primis, che in larga parte lo hanno accusato di aver stravolto tutte le conquiste operaie, da Confindustria, ma anche da altri marchi dell'auto a livello globale. Sull'Italia in particolare non bisogna dimenticare il contesto di una crisi da sovrapproduzione generalizzata, che attanaglia tutti gli stati, e dove l'unica possibilità era aumentare la produzione, tagliando ancora i costi. Marchionne non ha scelto questa strada. Voleva trasformare gli stabilimenti italiani in produzioni di nicchia. Che non sfornassero 500.000 macchine all'anno ma che si concentrassero su prodotti di qualità. Ha anche fatto tendenza. La sua decisione di concentrarsi sui SUV, per esempio, è stata seguito da big come Ford e General Motors.

I risultati

Il risultato di queste mosse è che il gruppo italo – americano, che nel 2004 aveva un valore di mercato (il valore di Borsa) circa 3 miliardi di euro, ora ne vale circa 60 miliardi ed è settimo al mondo. E’ difficile ovviamente fare confronti sul valore di mercato, perché Ferrari non era quotata nel 2004. Però alcuni numeri possono essere utili. Fiat e CNH allora valevano circa 3 miliardi di euro, come scritto, per la precisione 2,8 miliardi di euro. Oggi la sola Fiat ne vale 25,45 miliardi, Ferrari 22,3 miliardi e CNH 11,84 miliardi. Numeri che parlano da soli, insomma. Eppure manca ancora di quella dimensione necessaria a competere in una industria che è stata reinventata in quanto elettrica, autonoma, condivisa. Per farlo, per operare un ulteriore cambiamento, occorre avere visione. Per questo, come detto all'inizio, sostituire Marchionne non sarà facile.

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