Caso scontrini, per Marino chiesta condanna a 2 anni e 6 mesi

Cronaca
Foto d'archivio Ansa
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Nel processo d'appello il pg ha richiesto invece l'assoluzione per il reato di truffa per la vicenda della onlus "Imagine". L'ex sindaco di Roma era stato assolto in primo grado dalle accuse di falso e peculato per le cene pagate con la carta di credito del Campidoglio

Due anni e 6 mesi. È questa la nuova richiesta di condanna per Ignazio Marino nel processo d'appello per il caso scontrini, ossia le cene da lui pagate, secondo l’accusa, utilizzando la carta di credito "aziendale" del Campidoglio. Il sostituto procuratore generale di Roma Vincenzo Saveriano ha chiesto per l'ex sindaco della Capitale la condanna per peculato e falso per 54 delle 56 cene oggetto del procedimento. Marino era stato assolto nel processo di primo grado, ma la procura di Roma aveva impugnato la sentenza. Il pg Saveriano ha chiesto invece l'assoluzione per l'accusa di truffa legata alle consulenze per la onlus "Imagine", creata da Marino stesso. Anche per questo reato, in primo grado, era arrivata un'assoluzione. In aula l'ex sindaco ha dichiarato: "Vorrei affermare con grande chiarezza che mai nella mia vita e nelle mie funzioni da sindaco ho utilizzato denaro pubblico per motivi personali".

Chiesta assoluzione per le consulenza della onlus Imagine

Il rappresentante dell'accusa ha chiesto ai giudici della terza corte d'appello, presieduta da Raffaele Montaldi, di condannare Marino per 54 delle 56 cene oggetto del procedimento, per peculato e falso. Mentre ha sollecitato invece l'assoluzione dell'ex sindaco per l'accusa di truffa legata ai contratti di consulenza, in particolare la certificazione di compensi a collaboratori fittizi, della Onlus "Imagine", da lui creata. Il processo riprenderà l'11 gennaio con l'arringa del difensore dell'imputato.

Le parole di Marino ai giudici

Durante il processo Marino ha ribadito che “mai nella mia vita e nelle mie funzioni da sindaco ho utilizzato denaro pubblico per motivi personali”. Poi ha aggiunto, rivolgendosi ai giudici: “Nel 2014 ho donato diecimila euro del mio salario alla città e non ho mai chiesto rimborsi per un incontro di lavoro con il presidente della Roma per la vicenda stadio e con il sindaco di New York Bill De Blasio". Dopo aver ricordato di aver rinunciato alla carica di senatore ancora prima di diventare sindaco di Roma, Marino ha concluso: “Se sono un ladro sono uno scemo e incapace di intendere e di volere".

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