Dakota Access Pipeline: perdite nell'oleodotto prima dell'apertura

Ambiente
La costruzione di un oleodotto in Nord Dakota (Getty Images)

La contestata infrastruttura pertrolifera ha avuto la sua prima perdita lo scorso aprile. Si tratta di 518 litri la cui fuoriuscita non ha avuto nessun impatto, dice il Dipartimentento dell'Ambiente. Ma è di nuovo polemica

Il controverso oleodotto Dakota Access Pipeline, che una volta operativo dovrebbe collegare i giacimenti del North Dakota con una raffineria dell'Illinois, ha riversato una perdita di greggio di circa 318 litri. La fuoriuscita di petrolio, registrata dal Dipartimento dell'ambiente e delle risorse naturali dell'area, è avvenuta il 4 aprile scorso. Un fatto che ha dato nuovo fiato alle critiche per il possibile impatto ambientale di questa grande opera, peraltro “sbloccata” dal presidente Trump pochi giorni dopo il suo insediamento alla Casa Bianca.

Il fatto

Il riversamento di petrolio è avvenuto lo scorso 4 aprile presso Tulare nella contea Spink; il luogo si trova a 160 chilometri dal Lago Oahe, presso il quale si sono concentrate le maggiori polemiche delle comunità locali. I danni, in questo caso, sono stati contenuti prontamente: lo ha comunicato lo scienziato del Dipartimento ambientale del Sud Dakota, Brian Walsh, affermando che il terreno interessato dallo scolo è stato ripulito e smaltito. Il fatto è stato attribuito al guasto meccanico di una pompa: “Non è infrequente che si abbia un piccolo rilascio”, ha affermato Walsh sottolineando la modesta entità del danno, privo di conseguenze ambientali.

L'oleodotto

Il progetto del Dakota Access Pipeline, il cui valore è di circa 3,8 miliardi di dollari, si scontra duramente con la presenza della tribù Sioux di Standing Rock, la quale si oppone da mesi al passaggio della grande opera su alcuni terreni sepolcrali sacri e per il timore che l'oleodotto possa eventualmente inquinare le fonti di approvvigionamento idrico dal fiume Missouri. In migliaia di nativi americani hanno protestato nei mesi scorsi, affermando che l'opera viola le leggi federali e i trattati fra gli indiani e il governo. La protesta si è concentrata sull'occupazione delle aree che dovrebbero essere interessate alla costruzione dell'oleodotto. Prima della fine del suo mandato, il presidente Usa, Barack Obama, aveva aperto (dopo mesi di proteste, scontri con le forze dell'ordine e circa 400 arresti) alla possibilità di aggiornare il progetto in modo da aggirare le terre sacre dei nativi americani. Lo scorso gennaio Donald Trump, a pochi giorni dall'arrivo nello Studio Ovale, aveva emesso un ordine esecutivo che autorizzava la costruzione dell'oleodotto, anche per i posti di lavoro che avrebbe creato la realizzazione dell'opera.

Il commento della tribù

La perdita di greggio avvenuta ad aprile ha offerto nuovo slancio alla protesta dei nativi: “La nostra azione legale contro questo progetto pericoloso è in corso, ed è più importante che mai che la corte intervenga e blocchi altri incidenti prima che avvengano”, ha dichiarato il presidente della tribù Dave Archambault II, è accaduto “quello che abbiamo sempre detto: gli oleodotti hanno perdite e fuoriuscite”.



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